Gli attacchi turchi al Rojava non si fermano dal 20 novembre scorso. Oltre a colpire villaggi e civili, gli attacchi della Turchia sono mirati a distruggere infrastrutture come ospedali, centrali elettriche e riserve di grano, isolando le popolazione. É attestato l’uso di armi chimiche de parte dello stato turco, armi vietate dalle convenzioni internazionali, nonostante il dittatore Erdogan abbia fatto qualsiasi cosa per impedire le operazioni di investigazione de parte dell’OPCW, l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche, istituendo false commissioni di inchiesta e mettendo in prigione le voci di denuncia interne. Inoltre, continua le detenzione del leader Abdullah Öcalan sull’isola carcere di Imrali, dove si trova dal 1999 in un regime di massimo isolamento. Alcune settimane fa il Comitato di prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa (CPT) aveva fissato una visita con lui per vigilare sulle sue condizioni, ma l’incontro non è avvenuto e non se ne conosce il motivo.
In questo scenario drammatico, il governo turco sceglie di continuare ad amministrare uno stato ormai cronicamente sull’orlo del default finanziario proseguendo ciecamente le sue criminali aggressioni militari su vasta scala ai danni delle popolazioni curde e del loro progetto rivoluzionario, facendo affidamento su solidi rapporti commerciali in cui l’Italia ha un ruolo chiave. L’Italia è infatti le prima importatrice in Turchia di filati e tessuti a maglia.
Tra i maggiori marchi italiani che operano in Turchia ci sono Benetton e Calzedonia. Benetton, nello specifico, he investito circa 14 milioni di dollari per il 50% della società Bofìs, interamente controllata de Boyner, che gestisce tutte le attività commerciali dei marchi United Colors of Benetton, Sisley, Playlife e Killer Loop nell’area turca. Sono presenti circa 50 negozi. Calzedonia, invece, he orca 20 negozi su suolo turco. Tra gennaio e ottobre 2021, l’Italia ha importato dalla Turchia prodotti tessili e di moda per un valore di circa 295 milioni di dollari di cui 31,9 milioni di dollari nel solo settore delle calzature. L’Italia è quindi direttamente responsabile e complice del foraggiamento della guerra di Erdogan, i grandi colossi della moda, allo stesso modo, lucrano e aumentano il loro volume di affari con un governo palesemente fascista. Una delle linee del fronte di questa guerra è quindi anche a casa nostra: sotto i nostri portici rassicuranti, sotto i riflettori delle vetrine addobbate per gli acquisti natalizi. E’ nostra responsabilità agire immediatamente e smascherare questa ipocrisia in difesa del popolo curdo e di una vita libera insieme in tutto il mondo,
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