INGOVERNABILI CONTRO LA VIOLENZA PATRIARCALE

COMUNICATO SU 25N E PROVITA&FAMIGLIA

Il 25 novembre a Roma, una enorme e furiosa marea fucsia di oltre 500mila persone ha inondato la città, attivandosi in vari luoghi dove la violenza patriarcale si perpetra e riproduce.

Ci siamo fermatə anche di fronte alla sede di ProVita&Famiglia, per far risuonare la nostra voce e opporci a chi quotidianamente lavora per reprimere e limitare la nostra autodeterminazione.

La risposta delle forze dell’ordine, schierate con carabinieri antisommossa e poliziotti della celere a proteggere la sede chiusa, è stata dura, e diversə manifestanti sono statə feritə.

A riprova di come, al di là dei futili proclami propagandistici dei giorni precedenti da parte della polizia stessa, la violenza dello Stato si abbatta su chi provi ad alzare la voce, a reclamare la propria libertà di scelta e autodeterminazione.

Allə manifestanti feritə va tutto il nostro supporto e tutto il nostro amore.

Rifiutiamo non solo le accuse, ma anche la retorica neutralizzante che quelle accuse portano con sé. Non può esserci alcun compromesso sulla nostra autodeterminazione.

E non può esserci alcun paragone tra una forma di protesta e la violenza materiale che costantemente viene agita dalle organizzazioni che ostacolano l‘aborto.

Di scritte sulle serrande non si muore, di aborto insicuro sì.

Siamo dunque profondamente consapevoli dell’ipocrisia di chi pretende modi gentili e comprensione agendo, però, esattamente al contrario e ci rendiamo indisponibili a un dibattito che non tenga conto della reale aggressione che realtà come ProVita&Famiglia agiscono quotidianamente su di noi.

I ProVita&Famiglia sono un’associazione misogina, anti-scelta, espressione del patriarcato più becero, ma anche molto potente, influente e internazionale. Negli anni ha promosso una serie di campagne scientificamente infondate e violente, che abbiamo sistematicamente contestato. Da quella contro la pillola RU486 equiparata a veleno, con la donna “Biancaneve” a terra con una mela morsa in mano (2020), alla campagna “stop gender” con l’immagine col bambino triste, rossetto e fiocco rosa (2022). Più di recente la campagna “la vita vale sempre” (2023), che rappresentava, in una sorta di arco temporale, un feto, un neonato, un giovane con sindrome di Down, un profugo, una donna incinta, un anziano e un’anziana disabile, equiparando le loro vite. Hanno anche fatto un manifesto con l’immagine di un feto, utilizzando il nome del nostro movimento per ribaltarne il significato, in chiave antiabortista.

L’azione dei ProVita&Famiglia non si limita alle campagne: nel dicembre 2022, l’associazione ha diffidato le 156 scuole che hanno attivato la carriera alias, strumento con cui si riconosce dignità al vissuto di studentə, tentando di prevenire e contrastare stereotipi, discriminazioni e marginalizzazione.

Attualmente l’associazione sta portando avanti la proposta di legge “un cuore che batte” per integrare uno degli articoli della Legge 194. “Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza” ai sensi della legge, “è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a far ascoltare il battito cardiaco dello stesso”. Una violenza inaudita, che prende esempio dalle scelte autoritarie di Orban in Ungheria.

Una modifica della 194 in questo senso legittimerebbe una pratica violenta già purtroppo portata avanti, nel nostro paese, da parte del personale medico obiettore nei confronti di chi vuole interrompere una gravidanza.

ProVita&Famiglia si inscrive in una fitta rete internazionale antiabortista e omolesbobitransfobica. La saldatura tra neofondamentalismo cristiano, destra populista e ambienti neofascisti si dà proprio sul tema dell’aborto, della famiglia tradizionale e della crociata anti-gender. A tale universo ideologico si rifà oggi una parte della Lega e di Fratelli d’Italia nonché realtà come Forza Nuova e Casa Pound, legami consolidati ormai da anni come ha dimostrato il Congresso mondiale delle famiglie a Verona nel 2019. I ProVita&Famiglia sono quindi parte delle destre suprematiste organizzate a livello nazionale e trasnazionale: crediamo che ogni spazio lasciato a queste associazioni e gruppi, sia uno spazio dove idee conservatrici, pericolose e violente si diffondono.

Ci hanno dato delle terroriste perché abbiamo avuto la forza di rispondere a quest’attacco, ma noi sappiamo cosa è violenza: sono violente l’ideologia e le campagne di questi gruppi, sono violenti gli anti-abortisti quando ci aggrediscono negli ospedali e nei consultori solo perchè siamo donne e persone che si autodeterminano nella scelta di abortire, ed è violenta la famiglia ciseteropatriarcale tradizionale che l’associazione ProVita&Famiglia vuole difendere a ogni costo, senza considerare che quella stessa famiglia ci uccide, ci violenta, ci sfrutta.

Quando all’affermazione di genere e alle scelte relazionali si risponde con percorsi psichiatrizzanti o con terapie riparative , si è complici dell’alto tasso di suicidio tra le persone queer e trans.

Le strumentalizzazioni di ProVita&Famiglia non ci preoccupano, sappiamo chi è che agisce violenza sui nostri corpi e sappiamo cos’è la violenza strutturale e patriarcale che subiamo: sono le forze dell’ordine che ci caricano quando lottiamo e che non ci credono quando denunciamo, sono i femminicidi a fronte dei quali il governo ci invita a osservare un minuto di silenzio e i transicidi e i puttanocidi sui quali, invece, il silenzio cala.

Continueremo a contrastare chi minaccia le nostre vite!

Saremo ovunque, perché quella che portano avanti è una guerra sui corpi tutti.

Fermiamo la violenza patriarcale in tutte le sue forme!

Amore e rabbia 💜✊🔥

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25 novembre 2023: manifestazione contro la violenza di genere

 

Anche questo 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza di genere, con più rabbia che mai e per l’ottavo anno consecutivo, Non Una di Meno ha chiamato la marea in piazza. Quest’anno siamo state in due città che per noi rappresentano bene l’urgenza di questo momento storico, a Roma e Messina, per permettere a più persone possibile di partecipare e organizzarsi contro la violenza patriarcale! La rabbia sale contro la violenza che evidentemente non è un fenomeno emergenziale, ma strutturale e in continuo aumento, e che conosciamo bene in quanto donne, persone non binarie e LGBTQIAPK, con disabilità, persone razzializzate, migranti e seconde generazioni, sex workers e detenutə, che la vivono quotidianamente in tutti gli ambiti delle proprie vite.

Il femminicidio di Giulia Cecchettin, avvenuto a pochi giorni dalla scadenza del 25 novembre, ha riacceso il dibattito pubblico e politico intorno al tema dell’insufficienza di misure di repressione e di inasprimento delle pene, terreno su cui, a partire dagli stupri di Palermo e Caivano, si è concentrata l’azione del governo Meloni a colpi di decretazione di urgenza razzista e classista.

Come diciamo e pratichiamo da anni, la risposta è in una trasformazione radicale delle condizioni culturali e sociali che producono violenza, abusi, discriminazione e marginalizzazione delle donne, delle soggettività lgbtqia+ e migranti.

Partiamo da questo inaggirabile punto, per affermare che il movimento femminista e transfemminisa ha sottratto in questi anni la giornata del 25 novembre da ritualità e mera testimonianza facendone una giornata di lotta.

Quelle di Roma e di Messina non saranno quindi piazze neutre ma saranno piazze di indignazione e di forza collettiva, di Marea transfemminista.

Non è il momento dei proclami, è il momento di ascoltare e di operare ognun3 secondo le proprie responsabilità istituzionali e politiche nelle sedi deputate a farlo. Tutto l’anno, non solo il 25 novembre.

Tuttə possiamo essere parte di questo processo, se vi partecipiamo.

È un processo in cui serve molta cura, serve ascoltarsi e abituarsi a non ragionare più per maggioranze, per votazioni. E’ un processo anche molto faticoso, in cui si tenta di attraversare i conflitti in modo costruttivo, ma decisamente è l’unico che possiamo provare a portare avanti per costruire una politica dal basso che provi a superare personalismi, leaderismi e competitività per lasciare il posto a una politica partecipativa, in cui ognunə mette il suo pezzettino quando e come può.

Non una di Meno negli anni e da anni è stata ed è attraversata da migliaia di donne, frocie, trans, lesbiche, intersex, asessuali, bisessuali, migranti, sex workers, detenutə, seconde e terze generazioni, persone con disabilità, cercando ci costruire pratiche includenti quanto radicali e non consentiamo a nessunx di strumentalizzare queste piazze e queste assemblee.

SIAMO E SAREMO PER SEMPRE MAREA !

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In piazza per Giulia, per tutt*

 

 

 

Di fronte alla violenza non servono i minuti di silenzio, bisogna fare più rumore, essere più visibili, più presenti”. Per questo come movimento Non una di meno Firenze,  dopo il femminicidio  di Giulia Cecchettin abbiamo deciso di ritrovarci per un corteo  in cui si abbiamo deciso di farci sentire e di fare rumore con tamburi, strumenti, perfino pentole. Per farsi sentire la nostra rabbia, la nostra voce e per essere noi il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che purtroppo voce non hanno più.

È il momento di farsi sentire, anche sulle politiche messe in campo: “Non serve come fa il governo invocare repressione e sanzioni o un’ora di educazione all’affettività a scuola: i fatti di Palermo e Caivano dimostrano che non serve, Chiediamo una reale politica di prevenzione, educazione continuativa, un reale rifinanziamento e riqualificazione dei centri anti violenza, chiediamo di applicare davvero la convenzione di Istanbul, chiediamo tutto questo e molto di più.

La piazza che si è creata, è stata un momento di autodeterminazione e affermazione politica necessario in un momento in cui le donne e le persone LGBTIAQ+ continuano a morire di morte violenta, in casa, in strada, sui posti di lavoro. Non è il momento dei proclami, è il momento di ascoltare e operare ognun3 secondo le proprie responsabilità istituzionali e politiche nelle sedi deputate a farlo. Tutto l’anno, non solo nel momento di un caso mediatico.

Non ci interessano passerelle elettorali nè promesse. Non ci bastano le panchine rosse, nè tantomeno i proclami. Ricordiamo molto bene quando il 9 marzo 2022 il Comune ha avallato la rimozione col flessibile di lucchetti e panuelos contro i femminicidi in Piazza SS Annunziata. O quando il Consiglio Regionale ha approvato lo stanziamento di 200.000 euro ai pro-life. O come gli spazi e le voci antagoniste di questa città vengono silenziate, sgomberate, massacrate ogni giorno. A Firenze risorse e investimenti nel settore dell’anti-violenza sono del tutto insufficienti, e solo qualche mese fa la Rettrice dell’Università negava gli spazi per un’assemblea nazionale sul tema della violenza e i femmicidi, circondata dal silenzio assordante delle istituzioni di questa città.
La piazza, e la risposta femminista alla violenza patriarcale viene dal basso, non ha bandiere, né fiducia nelle istituzioni. Pretendiamo un cambiamento radicale. Quando le istituzioni di questa città e di questo Paese si impegneranno in una risposta reale e strutturale al fenomeno della violenza, sarà rispondere al proprio dovere, e in ogni caso con un ritardo imperdonabile.

❤️ Per Giulia e per tuttə non un minuto di silenzio, ma distruggiamo tutto.

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NI UNA MENOS

NUOVO MANIFESTO

(traduzione di Eleonora Meo di non una di meno Milano)

Questo 3 di giugno [2023], a 8 anni dalla prima manifestazione di Ni Una Menos, ci mobilitiamo, perché viv3, liber3, disindebitat3 e nelle strade ci vogliamo!

Ni Una Menos è nata per trasformare la rabbia in organizzazione e per esprimere la nostra furia e il nostro dolore nelle strade. Ni Una Menos oggi continua a dire basta alle violenze machiste che ogni 32 ore si portano via le nostre vite in femminicidi, lesbicidi, travesticidi, transicidi. Gridiamo Ni Una Menos perché essere organizzat3 significa iniziare a vincere! Diciamo basta alla violenza patriarcale, economica, sessuale, istituzionale, politica e razzista. Diciamo basta alle violenze quotidiane, che sono parte delle forme storiche di oppressione e che servo-no per sfruttare i nostri corpi e territori.

Siamo un movimento politico persistente, tenace, che ha accumulato anni di organizzazione e che rivendica di esser parte delle lotte popolari del nostro continente. In un momento in cui l’ultradestra e il fascismo avanzano nel mondo intero, il movimento femminista ha un compito decisivo nel difendere ciò che abbiamo conquistato, nell’espandere ulteriormente le sue alleanze e l’orizzonte di quelle vite che vogliamo vive, libere da violenza e precarietà. Sappiamo fare della rabbia uno strumento per l’emancipazione. Non consegneremo la nostra rabbia ai progetti creati contro di noi.

Arriviamo a questo 3 di giugno dopo un processo di assemblee aperte in diversi territori. Perché vogliamo includere più compagne e compagn3, perché la crisi e l’inflazione in cui ci troviamo rende ogni volta più difficile organizzarci, i redditi non sono sufficienti e lavoriamo sempre più ore per poter sopravvivere. Vogliamo che la mobilitazione si nutra di tutte le lotte e i saperi che si costruiscono ogni giorno. A partire da questo processo si-amo arrivat3 a questa sintesi delle nostre richieste, dei nostri desideri, delle nostre preoccupazioni ed esigenze.

A 40 anni dal ritorno della democrazia, diciamo: Non c’è democrazia con un Potere Giudiziario al servizio del potere economico e che cospira contro l’organizzazione sociale e politica, criminalizzando i suoi portavoce; non c’è democrazia con un debito esterno sotto il controllo del FMI [Fondo Monetario Internazionale]; non c’è democrazia con questi tassi di povertà; non c’è democrazia se si perseguita e stigmatizza la protesta sociale!

Per questo, questo 3 di giugno diciamo:

BASTA FEMMINICIDI, LESBICIDI, TRAVESTICIDI, TRANSICIDI. Chiediamo giustizia per María Isabel Speratti, Micaela Rascovsky, Florencia Galarza. Chiediamo giustizia per Milagros Santos e Araceli Moreno, lavoratrici di comunità. Chiediamo giustizia per Ferni Ayala. Giustizia per la giornalista Griselda Blanco. Giustizia per Sofi Fernández e Lorena Franco. Basta donne trans e travestit3 che “compaiono morte” nei commissariati di polizia. Continuiamo a chiederci dov’è Tehuel de la Torre ed esigiamo che lo Stato lo trovi! Basta abuso sessuale contro * bambin*! Giustizia per Luna.

Le persone che attraversano il sistema giudiziario reclamando giustizia di fronte a queste violenze estreme concordano sul fatto che si tratta di un cammino segnato da maltrattamenti, vittimizzazioni secondarie, con ritardi che non fanno che aggravare l’ingiustizia. Come è successo nei casi di Lucia Pérez e Anahí Benitez, è frequente che i processi si debbano tenere più di una volta poiché si continua a giudicare le vite delle vittime più degli atti commessi dagli imputati, così come si usano i pregiudizi per costruire casi con capri espiatori senza perseguire i veri colpevoli. Questi pregiudizi e stereotipi si esprimono con maggiore crudezza quando le vittime sono lavoratrici sessuali e persone senza fissa dimora. Alla violenza giudiziaria si sommano l’indifferenza sociale e la complicità mediatica.

I procuratori che trascurano le indagini, distorcono i fatti e che non si occupano delle vittime, continuano a lavora-re senza alcuna responsabilità. Occorre inoltre eliminare le difficoltà che attualmente ostacolano il diritto de* figl* delle donne uccise a ricevere i risarcimenti a cui hanno diritto, accelerando la procedura e garantendo che l’abbandono prodotto dalla violenza femminicida non sia seguito anche dall’abbandono dello Stato.

Inoltre, affinché vivere una vita libera da violenze sia una possibilità certa:

• Esigiamo che venga garantito l’accesso ai patrocini giuridici gratuiti.

• Reclamiamo l’attuazione effettiva di ESI. Senza EDUCAZIONE SESSUALE INTEGRALE non c’è Ni Una Menos!

La ESI protegge bambin* e adolescenti dagli abusi sessuali e dalle aggressioni di genere. Deve essere uno spazio trasversale di ascolto e di formazione permanente. Le chiese non possono intervenire nell’ESI o nell’educazione pubblica. No alle leggi provinciali che applicano ESI in modo restrittivo e contrario ai diritti. Che i contenuti includano la legge sull’identità di genere e l’aborto. Per una ESI non binaria. Chiediamo l’accesso ai posti liberi a scuola per tutt* * bambin* e adolescenti e la promozione dell’istruzione pubblica fin dalla prima infanzia.

• Poiché sappiamo che la MATERNITÀ È POLITICA, l’assenza di politiche che democratizzino la cura così come la negligenza giudiziaria nei confronti delle nostre richieste che vengano pagati gli assegni di mantenimento e di cura condivisa dei figli punisce la maternità, è compiacente nei confronti degli inadempienti e perpetua la disuguaglianza.

• Esigiamo la persecuzione della tratta con fini di sfruttamento sessuale e lavorativo. Riparazioni per le sopravvissute.

• Reclamiamo che la violenza di genere sia dichiarata emergenza nazionale.

• Ripudiamo gli attacchi alla libertà di espressione e i tentativi di mettere a tacere coloro che parlano della violenza che subiamo. E chiediamo, nel caso di Griselda Blanco, la totale estromissione della polizia di Corrientes da qualsiasi indagine.

• Chiediamo giustizia e memoria per le operaie tessili e * loro figl* mort* nell’incendio del laboratorio tessile di Luis Viale nel 2006, e diciamo non una di meno, non un’altra morte nei laboratori clandestini.

BASTA VIOLENZA POLIZIESCA E ISTITUZIONALE!

• Chiediamo l’abrogazione di tutti i codici di contravvenzione che criminalizzano il lavoro sessuale. La clandestinità uccide. Chiediamo giustizia per Sandra Cabrera.

• Chiediamo che si ponga fine a una politica sulle droghe che criminalizza il consumo e lo spaccio di droga, che permette alla polizia di perseguire donne, travestit3 e trans, favorendo la corruzione e la violenza istituzionale, mentre l’attenzione verso il consumo problematico di droghe continua a rimanere una questione in sospeso.

• Insistiamo sul Risarcimento Storico per le persone travestit3 e trans sopravvissut3 alla violenza istituzionale causata durante la dittatura civile-ecclesiastica-militare e successivamente in democrazia con leggi e sanzioni persecutorie.

ABBIAMO OTTENUTO L’ABORTO LEGALE, ORA VOGLIAMO IL PIENO RISPETTO DELLA LEGGE! Vogliamo che il nostro diritto sia garantito in ogni centro ospedaliero del Paese, nel sistema pubblico e privato, senza ritardi, senza ostacoli, con un trattamento rispettoso e gentile.

• Rifiutiamo i tentativi di criminalizzare l’accompagnamento all’aborto da parte di medic3 e operator3 di pronto soccorso: accompagnare all’aborto è legale e fa parte della cura che ci rivolgiamo!

NON UNA DETENUTA IN PIÙ PER LE EMERGENZE OSTETRICHE! STOP ALLA VIOLENZA OSTETRICA E GINECOLOGICA!

• Rifiutiamo che chi subisce emergenze ostetriche venga criminalizzatǝ e accusatǝ di omicidio aggravato. Le emergenze ostetriche hanno a che fare con la salute, non con i crimini. Basta criminalizzare la povertà e la vulnerabilità!

• Denunciamo il potere della Lobby dei Medici e lo Stato che non nomina personale sanitario non obiettore. Chiediamo al Senato di approvare con urgenza e senza modifiche la Legge Johanna, per garantire le procedure di assistenza alle donne incinte in caso di morte perinatale.

• Chiediamo al Ministero delle Donne, del Genere e delle Diversità della Nazione e ai Ministeri provinciali di attuare con urgenza procedure chiare per l’accoglienza e l’elaborazione delle denunce di violenza ostetrica e ginecologica; come stabilito dalla Legge 26.485 sulla Protezione Integrale delle Donne e dalla Legge 25.929 sul Rispetto del Parto.

CON QUESTO POTERE GIUDIZIARIO NON C’E’ NON UNA MENO

Noi trans-femminismi popolari diciamo chiaramente che questa giustizia non è nostra, e se non è per tutt3, non è giustizia. Per questo chiediamo una riforma giudiziaria trans-femminista, plurinazionale e interdisciplinare: vogliamo un sistema giudiziario democratico con partecipazione popolare, in cui sia garantito l’ascolto delle vittime, si costruiscano risposte che rendano responsabili i colpevoli e si risarciscano le vittime. Deve incorporare la prospettiva femminista, decoloniale e antirazzista, deve richiedere la parità e l’inclusione del collettivo LGTBIQIA+, accesso sicuro e un linguaggio chiaro.

• Esigiamo il processo politico alla Corte Suprema di Giustizia della Nazione e la rimozione dei suoi attuali membri. La composizione deve essere federale e diversificata per generi. Basta con una Corte che risolve i casi nei corridoi e tramite accordi. Vogliamo una Corte che rispetti le scadenze, che non dorma sui casi da risolvere e

che li risolva di fronte al popolo, in udienze in cui sia garantita e ampliata la partecipazione popolare sulle questioni cruciali.

• Noi diciamo: “SORELLA, IO TI CREDO”. Di fronte a chi ci vuole sottomess3 e silenzios3, siamo unit3 e in collettivo, non avranno mai più la nostra paura o il nostro silenzio. Noi continuiamo a crederti Thelma. Un NO non è mai un Sì. Giustizia per Thelma!

ESIGIAMO IL RILASCIO IMMEDIATO DELLE DETENUTE MAPUCHE Non c’è democrazia con prigioniere politiche. Da quasi otto mesi Betiana Colhuan, Luciana Jaramillo, Celeste Huenumil e Romina Rosas sono detenute a Rio Negro, con * loro figl*, da questo governo. Violentate e accusate di usurpazione con una causa armata per criminalizzare la loro richiesta di diritti sui territori ancestrali. Chiediamo l’immediato adempimento dell’accordo del tavolo di dialogo di giovedì scorso e la smilitarizzazione del territorio.

BASTA ILLEGALITÀ E PERSECUZIONE. INDULTO A MILAGRO SALA. Non c’è democrazia con prigioniere politiche e Milagro Sala è stata imprigionata, perseguitata e messa fuori legge dal governo di Jujuy da 7 anni. È una leader, ex parlamentare della Legislatura di Jujuy e del Parlasur, istituzione in cui non è potuta entrare a causa della detenzione arbitraria e illegale operata dal Potere Giudiziario di Jujuy. Questo grido vuole dire basta con la violenza politica e istituzionale.

DENUNCIAMO LA VIOLENZA GIUDIZIARIA, MEDIATICA E POLITICA CHE PRENDE DI MIRA CRISTINA FERNÁNDEZ DE KIRCHNER, IN QUANTO DONNA E LEADER POPOLARE. Come abbiamo fatto nelle strade di fronte al suo tentato magnifemminicidio, rifiutiamo tutte quelle violenze che hanno portato alla sua proscrizione e chiediamo un’indagine effettiva sui responsabili intellettuali e materiali. Rifiutiamo la chiusura delle indagini sul tentativo di assassinio come un nuovo atto di consacrazione dell’impunità. Il Potere Giuridico, con rapidità, ha posto un ostacolo dopo l’altro per impedire che si conosca la verità.

• Chiediamo che il 1° settembre sia dichiarato Giornata Nazionale della lotta contro la Violenza Politica.

LA FAME È VIOLENZA: BASTA CON GLI AGGIUSTAMENTI STRUTTURALI PER PAGARE IL DEBITO CON L’FMI! Le politiche di Austerity stanno ricadendo sul nostro lavoro retribuito e non retribuito. Le nostre triple giornate di lavoro sono sempre di più precarizzate. Non arriviamo alla fine del mese e siamo sempre più indebitat3 per sopravvivere. Lasciamo che il debito lo paghi chi si è preso i soldi ed è scappato, non con i nostri corpi, non con le nostre vite!

• L’aggiustamento del FMI non può essere il tetto per la concertazione salariale, né per le moratorie o per le pensioni.

• Chiediamo l’approvazione della legge sul Sistema Integrale di Cura con un bilancio. Secondo i nostri calco-li, se i giudici pagassero l’imposta sul reddito, avremmo politiche di assistenza per milioni di persone.

• Chiediamo l’estensione dei congedi di maternità e parentali per tutti l3 lavorator3, compresi i 9 milioni di lavorator3 informali.

• Chiediamo il riconoscimento e la retribuzione del lavoro di cura, del sostegno quotidiano di coloro che promuovono la salute e il genere e delle cuoche delle mense comunitarie. Prendersi cura è lavorare.

• Rifiutiamo la stigmatizzazione e i tagli ai Planes Potenciar Trabajo [Piani di potenziamento del lavoro]. Il debito è con noi, non siamo la variabile di aggiustamento fiscale dei piani del FMI.

• Chiediamo che il piano Acompañar sia esteso e ampliato, perché sappiamo che i processi di violenza di genere non finiscono in 6 mesi, per questo è urgente: in primo luogo, che i programmi Acompañar e Potenciar non siano incompatibili; in secondo luogo, che Potenciar sia sostenuto nei casi di violenza di genere e che siano aperti più posti.

• Per un Salario di Base Universale che garantisca un reddito minimo a tutte le persone.

• Per politiche pubbliche di accesso al lavoro, alla casa, all’istruzione e alla salute per le donne disoccupate che si prostituiscono.

• Diciamo che senza TERRA, TETTO E LAVORO non c’è non una di meno.

• Chiediamo che la casa non sia una fonte di speculazione: chiediamo sviluppi abitativi con una prospettiva di genere e una regolamentazione degli affitti.

• Abbiamo bisogno di politiche che garantiscano un accesso equo alla gestione del ciclo mestruale per le bambine, le adolescenti, le donne e le donne che mestruano.

DE-PATOLOGIZZARE I CORPI GRASSI ORA! La grassezza non è una malattia, fa parte della diversità corporea. La salute e la malattia si presentano in tutte le taglie.

• Attuazione urgente della legge sulle taglie! Vestirsi è un diritto fondamentale.

• Basta con lo stigma, la violenza e la discriminazione nei confronti delle persone grasse.

• Per tutto quello che abbiamo ottenuto, per quello che ancora ci manca, “per quell3 che sono qui, perché non ci siamo tutt3, e per quell3 che verranno, gridiamo Ni una Menos. Viv3, liber3, disindebitat3 e nelle strade ci

vogliamo!

Grazie a tutt3 per questa lotta!

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assemblea nazionale non una di meno


 

SABATO 7 OTTOBRE

Invitiamo riflessioni collettive e individuali a partire da tre domande:
1. CHE COSA CI SPINGE A PARTECIPARE A NON UNA DI MEND – OVVERO CHE DESIBERIO CI MUOVE?
2. CHE COSA CI BLACCA, CI ALLONTANA? COSA PENSIAME RENBA BIFFICILE AVVICINARSI A NUDM? COSA POTREBBE SPINGERE A PARTECIPARE PIÙ ATTIVAMENTE?
3. COSA IMMAGINIAMO/DESIDERIAMO PER IL 25 NOVEMBRE?

  • CI VOGLIAMO VIVƏ : TRA PRATICHE ATTIVE
  • SORELLANZA E CENTRI ANTI VIOLENZA
  •   LABORATORIO LEGALE/GIURIDICO
  •   VIOLENZA ED EBUCAZIONE ALL’AFFETTIVITÀ, ALLA SESSUALITÀ E AL CONSENSO
  •   NARRAZIONI TOSSICHE E CONTRO- NARRAZIONI
  •   SESSISMO NEI MOVIMENTI E NEI LUOGHI DI ELEZIONE
  •   VIOLENZA ECONOMICA
    •   GUERRE SUI CORPI, STRATEGIE PER POSSIBILI

Come, dove, con quale obiettivo specifico vogliamo costruire il 25 novembre?

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8 Marzo: No al 41 Bis

Ormai da mesi anche troppo è stato scritto e detto sullo sciopero della fame di Alfredo Cospito, in lotta contro il regime carcerario 41bis e l’ergastolo ostativo.

In quanto femminist* e transfemminist* sentiamo necessario dire con chiarezza che la sua lotta ci coinvolge. Il capitalismo patriarcale, razzista, omolesbobitrasfobico, abilista e rapace che cerchiamo di decostruire dentro di noi e nella società nella quale viviamo è un sistema di potere oppressivo e ritorsivo. Un sistema di potere che pretende di usufruire delle nostre vite, dei nostri corpi e dei territori a proprio piacimento e il carcere ne è una violenta espressione. 

Il 41bis in particolare, annichilente e brutale il cui scopo non è in alcun modo la “rieducazione” del condannat* ma una vera e propria morte in vita.

E adesso che il comitato etico si è espresso cosa dobbiamo aspettarci? Un TSO? Psichiatrizzare le forme di lotta e di dissenso non è nuovo ma non per questo deve smettere di farci inorridire anche solo l’idea. Privare Alfredo Cospito del suo diritto alla lotta, ad una lotta per la vita e per la dignità della vita sarebbe un atto che ha poco da invidiare alle peggiori dittature novecentesche.

Ribadiamo che il 41bis è tortura e stragista è lo stato.

Siamo femminist* e transfemminist* e siamo e saremo sempre vicino a chi lotta contro il 41 bis e ogni forma di reclusione punitiva.

Ad Alfredo Cospito, Anna Beniamino e alle altre persone recluse in lotta per i diritti di tutte e tutti, e per tutte quelle che subiscono restrizioni per aver cercato il bene di molt*. A Cecca, in carcere per aver appeso uno striscione e alle troppe e troppi NoTAV privat* della libertà va la nostra sorellanza. La stessa che esprimiamo alle persone recluse nei Cpr, e a tutte quelle che subiscono la violenza dello stato e dei confini. 

La violenza machista patriarcale è anche di stato e anche questa uccide.

Ribellarsi giusto, ribellarsi è un dovere!

Pubblicato in General, Sciopero 8 Marzo | Commenti disabilitati su 8 Marzo: No al 41 Bis

QUESTA SCUOLA NON CI MERITA CONTR8 Marzo: LA SCUOLA ABILISTA, SCIOPERO TRASNFEMMINISTA CONTRO MERITO E PATRIARCATO, SCIOPERO INDISCIPLINATO

Siamo insegnanti precarie, educatrici, collaboratrici scolastiche, studentesse e attiviste.

Riempiamo le aule e teniamo in piedi un sistema scuola che ormai non ce la fa più.

Siamo la scuola invisibile, che non ha voce, che viene sfruttata dalle cooperative e infantilizzata mortificata dal ministero.

Riconosciamo nell’istituzione scolastica un luogo di riproduzione di quel sistema violento che ogni giorno ci schiaccia e invisibilizza. 

Vogliamo ribaltare completamente l’approccio escludente classista/razzista/di genere/abilista della scuola attraverso le pratiche di femminismo e transfemminismo.

Vogliamo mettere al centro la persona, le relazioni, i corpi, una visione antiautoritaria della società. Lottiamo ogni giorno per una scuola dell’apprendere insieme, della costruzione di capacità di ragionamento, della conoscenza di sé e delle relazioni sane con gli altri. 

Siamo quella scuola che vede chi ha intorno come persona e non come numero. 

Non valorizziamo le invalsi ma l’educazione affettiva e sessuale.

RIfiutiamo il PCTO, che di trasversale ha solo lo sfruttamento utilitarista e capitalista, che ha provocato morti inaccettabili davanti alle quali non si può tacere, perchè scuola non è morte ma conoscenza e vita.

Non vogliamo educare al lavoro ma al ragionamento e all’amore per il bello. 

Per il giusto.

Rifiutiamo la scuola del merito, dell’umiliazione come strumento pedagogico. La pedagogia neoliberale altro non è che la valorizzazione del dominio del più forte a danno del più debole e perchè una società meritocratica è una delirante aristocrazia non è altro che una delirante aristocrazia.

Lottiamo per una giustizia sociale, per la tutela delle differenze e la liberazione dalle diseguaglianze di classe.

Lottiamo perché il mondo della formazione non sia dei prepotenti, nemmeno quando si fanno chiamare Ministri.

Perché la scuola è scuola solo se non lascia indietro nessuno, se sostiene tutte le soggettività marginalizzate, trans e non binarie, condanna e si batte contro la logica del più forte e del prepotente. 

La scuola è e deve essere politica, luogo di confronto, di scambio e di crescita. La scuola non deve riempire le teste di nozioni ma stimolare la costruzione di un pensiero critico che non può che essere antifascista, antisessista e autonomo.

E con buona pace del ministro Valditara continuiamo e continueremo a creare questa scuola ogni giorno.

E non solo, vogliamo un sapere veramente libero dalla violenza patriarcale, dal razzismo, dall’abilismo e dal classismo.

Pretendiamo investimenti e risorse per strutture e personale.

Esigiamo l’educazione sessuale e affettiva in tutte le scuole e che sia affidata alle reti femministe e transfemministe.

Una revisione completa dei programmi didattici ministeriali con l’inserimento degli studi decoloniali e di genere.

Chiediamo a gran voce l’abolizione immediata del PCTO e che si possa veramente parlare di una scuola laica, pubblica e gratuita che sia davvero per tuttə.

L’abolizione dell’autonomia differenziata e la scuola del merito ci disgustano e vogliamo combattere davvero la dispersione scolastica, le disuguaglianze e le povertà educative e non soltanto enunciarlo come succede adesso.

Vogliamo una scuola femminista e transfemminista!

Pubblicato in General | Commenti disabilitati su QUESTA SCUOLA NON CI MERITA CONTR8 Marzo: LA SCUOLA ABILISTA, SCIOPERO TRASNFEMMINISTA CONTRO MERITO E PATRIARCATO, SCIOPERO INDISCIPLINATO

8 Marzo: Intervento guerra 

Ad un anno dall’invasione russa in Ucraina continuiamo a urlare NO ALLA GUERRA!          La guerra è l’espressione più organizzata della violenza patriarcale, opporvisi significa non cadere nella trappola di dover scegliere tra i fronti imposti, tra potenze e nazionalismi in competizione. La violenza di questa guerra si somma a quella degli altri 58 conflitti in corso nel resto del mondo e l’Italia, con la Nato di cui è parte, è coinvolta in ben 42 teatri di guerra.

L’invio sempre più massiccio di armi all’Ucraina, anche da parte del nostro Paese, è una scelta interventista e atlantista che riguarda direttamente anche noi che siamo qui oggi. E’ una scelta che non sta ponendo fine al conflitto ma anzi sta contribuendo a un’escalation, mentre continua ad aleggiare la minaccia dell’utilizzo di armi nucleari.

 Gli effetti globali di questo scenario stanno cambiando le nostre società, incidendo profondamente sulla produzione e sulla riproduzione sociale. Mentre la crisi energetica e l’inflazione pesano sui salari e i costi della vita, l’aumento delle spese militari  fino al 2% del PIL,  richiestoci dalla Nato ed accettato dai nostri governi,  va di pari passo con i tagli su scuola, sanità e welfare. Ci sono territori nel nostro Paese che pagano sempre di più un prezzo altissimo in termini di sudditanza alle basi militari: inquinamento, aumento delle malattie nelle popolazioni limitrofe a basi e poligoni, minaccia nucleare.  

Si investe nella ricerca e produzione di armi e tecnologie, coinvolgendo Istituti di  eccellenza e Università scientifiche ma anche umanistiche chiamate, quest’ultime, ad elaborare ed affinare  ad es. strategie di intelligence, di controllo del territorio e gestione delle popolazioni nei territori occupati, nei teatri di guerra e non solo.Gli stessi piani di transizione ecologica vedono battute di arresto, con i finanziamenti di progetti per  lo sfruttamento di nuove fonti di combustibili fossili inquinanti, piuttosto che per lo sviluppo delle rinnovabili, silenziando le nostre lotte degli ultimi anni.

Chi accumula profitti in questo contesto sono le  grandi fabbriche di armi del nostro Paese come  la Leonardo che  ha visto nel 2022 un aumento del proprio utile netto nel 1* semestre del 50%. Le aziende di Armamenti italiane nel 2021 sono balzate al 4° posto nel mondo per quota di esportazioni di armi e sistemi di arma.                                                        Le armi sono  diventate la nuova eccellenza del Made Italy nel mondo!

La guerra in Ucraina che sta  intensificando la violenza patriarcale e razzista, accelera politiche migratorie sempre più discriminatorie e violente, creando livelli differenti di permessi di accesso alla fortezza Europa che chiude ulteriormente i confini e aumenta i respingimenti per l3 migranti che provengono da altri Paesi anche in guerra. La strage di migranti di Cutro è emblematica di questa discriminazione delle politiche migratorie verso chi proviene dalla rotta balcanica o chi arriva dal Mediterraneo, che è diventatato un cimitero marino.

Questa guerra si nutre e al contempo genera narrazioni che alimentano un clima di paura e assenza di speranza volto a normalizzare l’ennesima emergenza, a giustificare politiche repressive e di controllo sulle nostre vite ed i nostri corpi e a silenziare il dissenso di fronte a un peggioramento delle nostre condizioni di vita.

Ci chiediamo che pace vogliamo affinché non sia una parola vuota al servizio di diversi nazionalismi. 

Siamo un movimento transfemminista transnazionale e rifiutiamo il nazionalismo che alimenta il razzismo e il patriarcato, intensificando la violenza sui migranti con confini militarizzati e chiudendo gli spazi di libertà di donne e persone Lgbtq+ in nome della patria.

Siamo un movimento transfemminista antimilitarista e riconosciamo che la guerra e i suoi apparati sono anche la condizione strutturale del capitalismo ecocida, ne garantiscono la riproduzione e l’affermazione nei suoi momenti di crisi. 

Abbiamo bisogno di un movimento contro la guerra, di una pace che non sia pacificazione.

Siamo con le donne, le persone lgbtiaq+ e le popolazioni che non vorrebbero morire né far morire di guerra, che resistono come possono, che fuggono, che rifiutano la violenza maschile e omolesbobitransfobica, il razzismo, gli attacchi ai diritti sul lavoro e al welfare, la devastazione ambientale, in Ucraina, in Russia, in Polonia, in Italia, in Iran, in Turchia, in Kurdistan, in Palestina, ovunque.

Le guerre non scoppiano, vengono preparate. Lottare per la pace significa per noi lottare per cambiare la società che prepara la guerra come arma per la sua riproduzione.

 

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8 Marzo: Intervento violenza maschile sulle donne sulla violenza di genere e su lavoro produttivo e riproduttivo

Come ogni 8 del mese, e oggi più forte che mai, siamo l’urlo altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce. 

Anche questo mese, 10 donne sono state uccise per mano del proprio compagno, marito o conoscente. 10 donne le cui vite, sogni, progetti, relazioni, sono state brutalmente e per sempre interrotte da chi riteneva di avere il diritto di poter decidere per loro, della vita, tanto quanto della morte. 

Ogni anno, più di 100 donne vengono uccise da un uomo. Nell’ultimo anno la metà del totale degli omicidi avvenuti in Italia, sono stati femminnicidi.

I dati Istat dimostrano una realtà se possibile ancora più drammatica. Una donna su 3 nella propria vita fa esperienza della violenza maschile: violenza psicologica o economica, abusi, maltrattamenti, molestie per strada o sul luogo di lavoro, stupro. 

Le forme della violenza sono infinite, perchè la violenza è strutturale alle relazioni tra i corpi assegnati maschi e i corpi assegnati femmine, ma anche contro coloro che si sottraggono alla norma del genere. 

Oggi però, più forte che mai, ci rifiutiamo di essere vittime. Renderci vittime, spaventate e isolate, costringerci al silenzio e alla paura, è infatti il modo in cui la violenza maschile e patriarcale continua a condizionare le nostre vite. 

Noi, al contrario, siamo qui per gridare che siamo forti, che siamo agguerrite, che siamo spesso anche vulnerabili, ma insieme alle altre troviamo le risorse e le energie per riconoscere la violenza, e contrastarla. 

Non vogliamo più avere paura. Non vogliamo più permettere a qualcun altro di condizionare le nostre vite. Non vogliamo guardarci continuamente le spalle, avere il terrore che non saremo credute, che ci verranno tolti i figli perchè siamo noi a condizionare il loro giudizio. Non vogliamo più che l’amore sia confuso con la violenza. Perchè quando è violenza, non può mai  essere amore. 

Vogliamo avere potere su noi stesse. Vogliamo scegliere, desiderare, cambiare. Vogliamo che il nostro no sia un no. Vogliamo esprimere il bisogno, tanto quanto il limite, che non può essere oltrepassato. Vogliamo che quando denunciamo una violenza, questa venga creduta. Vogliamo che quando denunciamo una violenza, sia l’aggressore a pagarne le connseguenze, e non ancora una volta noi, nei tribunali, nella famiglia, o nella nostra rete sociale. Crediamo alle nostre sorelle, e crediamo alle nostre sensazioni, quando queste ci dicono che ciò che viviamo è un abuso. 

Per ognuna che non c’è più, per ognuna che manca, per ognuna che ha dovuto vivere e morire, per ognuna che non  è sopravvissute alla violenza maschile gridiamo: non una morte di più, non una sorella di meno!

Oggi è Lotto marzo, oggi se ci fermiamo noi si ferma il mondo!

Oggi scioperiamo perché insieme siamo più forti, perché vogliamo rompere l’isolamento della violenza maschile dentro e fuori casa, per le strade di notte e di giorno, nei posti di lavoro come nei luoghi della formazione e in ogni ambito delle nostre vite. 

Oggi scioperiamo dalla competizione, dalla produttività ad ogni costo e dalla precarietà esistenziale, dai lavori sfruttati, in nero e sotto pagati e da un presente che ci vorrebbe mute, sole e senza diritti. 

Scioperiamo perché per vivere è necessario avere le risorse materiali: una casa, un lavoro dignitoso, orari di lavoro compatibili con la vita, luoghi di lavoro decenti, nei quali non essere esposte a molestie e discriminazioni. 

Per vivere è necessario anche avere diritti. Diritto a riprodursi o non riprodursi, diritto che i propri figli siano riconosciuti, che siano famiglie eterosessuali, lesbiche o omosessuali, diritto alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, per uomini, donne e persone LGBTQIA+. 

Vogliamo rivendicare tanto i diritti quanto il cambiamento di un sistema economico che ci rende perennemente subalterne, impoverite, o esaurite dal doppio carico di lavoro. Un sistema economico che ci divide e ci isola, impedendo le denunce, l’auto-organizzazione e la possibilità di lottare insieme per cambiare le condizioni di vita e di lavoro. 

Oggi ci liberiamo tutte insieme dal carico mentale del lavoro domestico e familiare, un lavoro sempre gratuito e sempre invisibile, in case sempre più attraversate dalla violenza patriarcale. Oggi ci assentiamo dai nostri lavori riproduttivi e produttivi e dai ruoli imposti di madre, moglie, fidanzata perfetta, amante, confidente, psicologa improvvisata, lavoratrice. 

Oggi non laveremo i tuoi calzini, oggi non prepareremo la cena, oggi non risponderemo alle email del capo, oggi non sorrideremo all’ennesima battutina sessista del collega perché guai ad alzare la testa, oggi non sosterremo l’idea brillante del superiore e sempre oggi ci riprenderemo tutte insieme tutto quello che ci spetta. 

Scioperiamo e interrompiamo tutte le occupazioni: Lotto marzo è il nostro giorno di festa e di lotta, non una di meno!

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8 Marzo: queermisoginia e soggettività lesbiche, bisessuali, trans, non binarie

 

Fiocco rosa, per le femminucce. Nasciamo, cresciamo, invecchiamo (spesso non ci è permesso) e moriamo, tutto secondo uno schema già pronto e ben definito.

Siamo educate a non scegliere, a vivere secondo un programma ben definito, appena viene vista una piccola vulva è già tutto deciso: crescerai, costruirai una famiglia come io vorrò e non come tu vorrai o se vorrai, non sarai padrona del tuo corpo e del tuo piacere, sarai pronta per la relazione importante per forza con un uomo a cui donerai tutta te stessa.

Questa è violenza misogina e noi sovvertiamo le norme di genere in maniera rivoluzionaria.

Usciamo dagli schemi, squarciamo e bruciamo il patriarcato, ci nutriamo con ciò che resta di esso.

Siamo donne e soggettività non binarie, alcune di  noi sono trans e intersex.

Siamo lesbiche, bisessuali, pan e poli, asessuali e aromantiche, queer, frocie, frigide e puttane. E in questo mondo di merda che ci vuole mansuete e dedite al nostro uomo, noi rispondiamo con corpi, menti e amori plurimi, liberi, non conformati, autodeterminati.

L’8 Marzo è anche nostro perché se è vero che è la giornata internazionale della donna, è anche vero che è il giorno in cui più di tutti ricordiamo quanto il concetto di donna sia legato al contesto sociale e non sia uguale per tuttu. Se il nostro concetto deve essere plasmato da una società bianca, razzista e borghese, eterocis, endosex, allo e amato normata, monogama, binaria, abile, grassofobica, allora no, quel vostro concetto di donna non ci appartiene.

Già ogni giorno noi scioperiamo dai ruoli di genere e dal genere, dall’eterosessualità imposta e compulsiva, dall’amore romantico e romanzato delle principesse, dall’amore monogamo e coppiacentrico.

Oggi scioperiamo e scendiamo in piazza affinché le parole che scegliamo per descriverci servano per creare comunità e costruire una lotta di liberazione comune verso l’autodeterminazione.

Scioperiamo e scendiamo in piazza perché ogni percorso di transizione è unico e non può essere un protocollo transfobico a decidere le sorti delle nostre vite.

Scioperiamo e scendiamo in piazza perché la misoginia si interseca con la transfobia, la lesbofobia, la bifobia, l’afobia e l’interfobia e queste oppressioni tutte insieme vogliamo ridurle in brandelli.

Vogliamo essere libere dalla feticizzazione, dalla stigmatizzazione, dalla medicalizzazione, dalle vostre categorie porno, dal vostro immaginarci incapaci di avere rapporti sessuali, salvo poi averli con voi.

Libere dalla vostra marginalizzazione e dalla vostra invisibilizzazione.

Libere di vivere i nostri corpi, i nostri amori, le nostre vite.

Scioperiamo e urliamo:

Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle frocie che più non hanno voce!

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