Ad un anno dall’invasione russa in Ucraina continuiamo a urlare NO ALLA GUERRA! La guerra è l’espressione più organizzata della violenza patriarcale, opporvisi significa non cadere nella trappola di dover scegliere tra i fronti imposti, tra potenze e nazionalismi in competizione. La violenza di questa guerra si somma a quella degli altri 58 conflitti in corso nel resto del mondo e l’Italia, con la Nato di cui è parte, è coinvolta in ben 42 teatri di guerra.
L’invio sempre più massiccio di armi all’Ucraina, anche da parte del nostro Paese, è una scelta interventista e atlantista che riguarda direttamente anche noi che siamo qui oggi. E’ una scelta che non sta ponendo fine al conflitto ma anzi sta contribuendo a un’escalation, mentre continua ad aleggiare la minaccia dell’utilizzo di armi nucleari.
Gli effetti globali di questo scenario stanno cambiando le nostre società, incidendo profondamente sulla produzione e sulla riproduzione sociale. Mentre la crisi energetica e l’inflazione pesano sui salari e i costi della vita, l’aumento delle spese militari fino al 2% del PIL, richiestoci dalla Nato ed accettato dai nostri governi, va di pari passo con i tagli su scuola, sanità e welfare. Ci sono territori nel nostro Paese che pagano sempre di più un prezzo altissimo in termini di sudditanza alle basi militari: inquinamento, aumento delle malattie nelle popolazioni limitrofe a basi e poligoni, minaccia nucleare.
Si investe nella ricerca e produzione di armi e tecnologie, coinvolgendo Istituti di eccellenza e Università scientifiche ma anche umanistiche chiamate, quest’ultime, ad elaborare ed affinare ad es. strategie di intelligence, di controllo del territorio e gestione delle popolazioni nei territori occupati, nei teatri di guerra e non solo.Gli stessi piani di transizione ecologica vedono battute di arresto, con i finanziamenti di progetti per lo sfruttamento di nuove fonti di combustibili fossili inquinanti, piuttosto che per lo sviluppo delle rinnovabili, silenziando le nostre lotte degli ultimi anni.
Chi accumula profitti in questo contesto sono le grandi fabbriche di armi del nostro Paese come la Leonardo che ha visto nel 2022 un aumento del proprio utile netto nel 1* semestre del 50%. Le aziende di Armamenti italiane nel 2021 sono balzate al 4° posto nel mondo per quota di esportazioni di armi e sistemi di arma. Le armi sono diventate la nuova eccellenza del Made Italy nel mondo!
La guerra in Ucraina che sta intensificando la violenza patriarcale e razzista, accelera politiche migratorie sempre più discriminatorie e violente, creando livelli differenti di permessi di accesso alla fortezza Europa che chiude ulteriormente i confini e aumenta i respingimenti per l3 migranti che provengono da altri Paesi anche in guerra. La strage di migranti di Cutro è emblematica di questa discriminazione delle politiche migratorie verso chi proviene dalla rotta balcanica o chi arriva dal Mediterraneo, che è diventatato un cimitero marino.
Questa guerra si nutre e al contempo genera narrazioni che alimentano un clima di paura e assenza di speranza volto a normalizzare l’ennesima emergenza, a giustificare politiche repressive e di controllo sulle nostre vite ed i nostri corpi e a silenziare il dissenso di fronte a un peggioramento delle nostre condizioni di vita.
Ci chiediamo che pace vogliamo affinché non sia una parola vuota al servizio di diversi nazionalismi.
Siamo un movimento transfemminista transnazionale e rifiutiamo il nazionalismo che alimenta il razzismo e il patriarcato, intensificando la violenza sui migranti con confini militarizzati e chiudendo gli spazi di libertà di donne e persone Lgbtq+ in nome della patria.
Siamo un movimento transfemminista antimilitarista e riconosciamo che la guerra e i suoi apparati sono anche la condizione strutturale del capitalismo ecocida, ne garantiscono la riproduzione e l’affermazione nei suoi momenti di crisi.
Abbiamo bisogno di un movimento contro la guerra, di una pace che non sia pacificazione.
Siamo con le donne, le persone lgbtiaq+ e le popolazioni che non vorrebbero morire né far morire di guerra, che resistono come possono, che fuggono, che rifiutano la violenza maschile e omolesbobitransfobica, il razzismo, gli attacchi ai diritti sul lavoro e al welfare, la devastazione ambientale, in Ucraina, in Russia, in Polonia, in Italia, in Iran, in Turchia, in Kurdistan, in Palestina, ovunque.
Le guerre non scoppiano, vengono preparate. Lottare per la pace significa per noi lottare per cambiare la società che prepara la guerra come arma per la sua riproduzione.