Ho 28 anni.
Sono rimasta incinta l’8 Novembre del 2012, avevo 20 anni, non avevo un lavoro, non avevo una macchina, ero fidanzata da pochi mesi, non avevo nessuna “certezza”.
Quando apparsero le due linee sul test mi travolse un vortice di emozioni.
Il mio ragazzo di allora si arrabbiò moltissimo, mi ricordo perfettamente ancora le sue urla, i suoi pianti, la sua disperazione come se la sua vita si stesse sgretolando.
La causa ero io.
Affermazione sbagliata ma in quel momento non riuscì a pensarne altre, ero sola e non volevo causare del male a nessuno tanto meno alla persona che amavo.
Lo amavo più di quanto amassi me stessa.
Altra affermazione sbagliata ma che ho potuto comprendere solo l’anno scorso.
Non ho pensato alle conseguenze che potesse avere su di me l’affrontare un aborto, e lo affrontai al limite massimo dei 3 mesi, senza averne fatto parola con nessuno solo con il medico, passando quei mesi a nascondere la pancia con una fascia elastica, a guardare ecografie che in ospedale mi costrigevano a vedere, nessun medico mi chiese se avessi bisogno di parlare con qualcuno, se avessi bisogno di un supporto psicologico, nessuno mi spiegò le possibili conseguenze e l’importanza del parlarne.
Ho abortito chirurgicamente a Febbraio 2013.
Il Dolore più grande della mia vita.
Ho pianto.
Non volevo che nessuno mi toccasse.
Uscì dalla maternità con una corazza, con una maschera impenetrabile.
Per la mia mamma ero a dormire da un amica.
Ho dovuto passare una settimana con il “pannolone” ma nonostante tutto facevo come se non fosse mai successo niente.
L’unica cosa che è cambiata da quel giorno è che ho iniziato a dedicare la mia vita al mio ragazzo, non gli avrei causato più alcun dolore.
Ho passato 7 anni a far sì che io fossi quella perfetta e che la sua vita fosse perfetta.
Inconsciamente ero una pentola a pressione e l’anno scorso sono esplosa, senza particolare motivo, la mia armatura si è distrutta come una bolla di sapone.
Avrebbe voluto un figlio ma io no.
Lo odiavo perché nella mia testa non era giusto.
Ho lasciato quel ragazzo.
Ho scelto me.
Ho iniziato a raccontarlo alla mia famiglia, alle mie amiche, a provare a parlarne nella maniera più spontanea e sincera, senza vergogna e riconoscendo di aver bisogno di un aiuto professionale per elaborare un lutto, per far sì che il mio dolore non fosse più una ferita aperta ma che restasse una cicatrice dalla quale poter andare avanti.
L’aborto è un diritto di tutte noi, siamo padrone solo noi stesse del nostro corpo e non siamo obbligate, essendo donne, a desiderare di essere madri, o comunque abbiamo il diritto di non essere sempre pronte.
L’unica cosa che vorrei dire a chiunque stia pensando di abortire è di pensare al proprio bene, di mettere se stessa davanti a tutto, di informarsi, di parlarne, di non aver paura o vergogna a chiedere supporto e di prendere la decisione migliori per voi stesse.
Nessuna è sola.
Solo voi potete decidere del proprio corpo.
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Grazie per il tuo coraggio nel dare questa testimonianza, che ci lascia molto spunti di riflessione. Solo noi possiamo decidere del nostro corpo, portare avanti una maternità o interrompere la gravidanza, e né l’una né l’altra scelta dovrebbero essere fatte per qualcun’altra.