Condividiamo testimonianza di aborto in tempi di COVID, grazie per il tuo racconto .
Ho scoperto di essere incinta con un test stick delle urine a marzo. In seguito, forte di una decisone ben più faticosa di quanto pensassi, è partita la ricerca per scoprire quei passaggi che voi ben spiegate nelle vostre informative. Dalle mie ricerche l’unico consultorio che allora sembrava disponibile a farmi passare subito è stata la Casa della Salute delle Piagge, senza bisogno di appuntamento, nel consultorio giovani sotto i 24 anni (tutti i venerdì pomeriggio), e lì mi è stata certificata la gravidanza con un secondo test stick delle urine che io stessa ho dovuto fornire. Di quel giorno ricordo solo una difficoltà enorme dall’altra parte, nella gestione delle giovani donne, nella mancanza di risorse, nell’impossibilità di dare supporto reale, nella paura delle operatrici sanitarie. Mi sono trovata, per intenderci, a dover urlare che ero incinta e volevo abortire nel bel mezzo di un corridoio, se pur poco affollato, perché alle dottoresse ed infermiere erano state date tali disposizioni. Dopo la certificazione sono stata reindirizzata sul Centro Ospedaliero Piero Palagi e devo dire che da qui è stato tutto in discesa, molto rapido, completamente gratuito. Al consultorio del centro è possibile andare senza prenotazione (ma con già la certificazione di gravidanza fatta da un medico) tutti i martedì e giovedì dalle 7.30 alle 9.30. Il primo giorno mi è stata fatta un’ecografia e le analisi del sangue ed ho potuto scegliere fra l’interruzione farmacologica e chirurgica. Scegliendo la prima, in due dosi, ho assunto subito la prima dose e due giorni dopo la seconda. Poi, dopo 15 giorni, la visita di controllo. Non è una storia che lascia grandi spunti ma ciò che ho riscontrato più di tutto è stata un’assenza totale di supporto psicologico e di tempo per indagare situazioni complicate, a differenza della mia. Tante, troppe volte mi sono trovata a dirmi, ma se io non avessi avuto accanto un ragazzo e delle amiche che si sono prese cura di me? Se avessi dovuto farlo di nascosto e quindi non avessi potuto andare a casa ad aspettare l’aborto spontaneo indotto da farmaci? Se fossi stata poco sicura della mia scelta e avessi avuto bisogno di saperne di più? Io non lo so come stiano le cose fuori dalla pandemia, quindi non so se questa distanza, questo modo di passare da caso in caso rapidamente e senza troppe domande sia dettato da esigenze attuali o sia la prassi, ma se lo fosse, sarebbe una grave pecca nel reale sostegno e tutela delle donne e delle loro scelte. A me è andata bene, credo che moltissime donne però possano raccontarvi una realtà ben diversa. Io mi porto dietro solo una piccola cicatrice che brucia solo quando mi capita di guardare un bimbo piccolo intorno a me e rendermi conto che il sorriso che mi vien fuori non esprime più gioia e voglia di futuro, ma malinconia e una spruzzatina di illogico rimpianto. Vi voglio bene.