ALLE PARTIGIANE E AI PARTIGIANI DI IERI E DI OGGI.
NESSUNA/O E’ LIBERA/O SE NON SIAMO TUTTE/I LIBERE/I
La nostra lotta resistente, femminista e transfemminista, mette al centro il corpo, le relazioni tra i corpi e ciò che raccontano e gridano.
Questo 25 aprile, per la prima volta i nostri corpi non saranno in piazza.
Ma in queste settimane sono i nostri corpi a urlare: quelli delle donne picchiate, violentate, uccise in casa dal proprio compagno durante la quarantena; di quelle che chiedono invano di abortire; delle lavoratrici sfruttate nelle RSA, negli ospedali, nel lavoro domestico e di cura, delle cassiere della grande distribuzione.
Siamo convinte che l’unica memoria possibile sia quella politica, che non indugia nelle sterili celebrazioni ma vive nelle pratiche quotidiane, nel cambiamento che possiamo portare nel mondo. Le parole Resistenza, Libertà e Liberazione non sono retorica, ma rappresentano la capacità di riconoscere, anche dove è più invisibile, ogni forma di oppressione e abuso.
Il Femminismo è un lavoro ostinato di liberazione quotidiana, di gesti di resistenza e non di azioni eclatanti. E’ un lavoro di analisi e di demistificazione.
Perciò il Femminismo é Resistenza e Liberazione; da quei sistemi che si basano sulla violenza, sulla colonizzazione dei corpi e dei territori. Resistenza nella difesa del loro sfruttamento e nella nostra autodifesa personale.
Portiamo con noi tutte quelle partigiane ricordate confusamente, o dimenticate. Non solo staffette, infermiere, madri coraggio, ma anche combattenti attive della lotta armata, comandanti ribelli e indomite: vivono in noi nelle parole, nelle pratiche e nella potenza emotiva che ci lega.
Per noi femministe, il Fronte esiste ancora e varia di volta in volta: è la violenza strutturale e di genere verso il nostro corpo e verso la nostra salute, a scuola, nei luoghi di lavoro; è la violenza dei tribunali e dei confini. Su questa barricata quotidiana, noi donne, donne trans, donne migranti agiamo i valori della Resistenza ogni volta che un potere, un padrone, una frontiera ci toglie libertà o possibilità di scegliere. Scegliamo il conflitto e lo facciamo insieme, con la forza della creatività, del divertimento e della passione, perché il desiderio rivoluzionario è anche questo: solidarietà, sorellanza, comunità e gioia.
La linea della Resistenza, anche qui a Firenze, ci ha chiamate in causa in più occasioni. Ogni volta che una donna si è rivolta a noi, in cerca di sostegno o aiuto, per sfuggire a una situazione di violenza domestica; durante le irruzioni al consiglio regionale della Toscana, per denunciare i finanziamenti della Regione alle associazioni antiabortiste, che ben si inseriscono in quel processo di demolizione della sanità pubblica e laica i cui effetti drammatici sono evidenti adesso in tutta la loro brutalità.
La retorica dell’emergenza ci condanna tutte. Sappiamo infatti che in tutto il mondo è messo gravemente a rischio il diritto all’aborto, giudicato illegittimamente servizio non essenziale, come invece sancisce in Italia la 194. Assistiamo in questi giorni ad un nuovo colpo di Stato in Slovenia; in Ungheria il neo dittatore Orban emesso una legge per vietare il cambio di sesso alle persone transgender sui documenti di identità.
In Polonia, approfittando del lockdown, sono state discusse delle sconvolgenti proposte di legge per vietare l’aborto anche nei casi di incesto, stupro o malformazioni fetali gravi, temporaneamente congelate solo grazie alla protesta mediatica delle femministe.
Abbiamo sentito forte il richiamo delle strade, pur non potendo stare insieme.
E’ nelle strade che va in scena la marginalità e l’esclusione di tutte quelle donne, persone trans e lavoratrici sessuali dimenticate dalle forme di sussidio pubblico. Per questo abbiamo deciso di auto-organizzare, a partire da questi giorni, POP-WOK, una mensa femminista e popolare, con la quale fornire dei pasti pronti a tutte coloro che ne faranno richiesta. Non assistenzialismo o volontariato, ma pratica di sorellanza attiva che ci avvicina a chi è lasciata indietro, a cui noi scegliamo di camminare accanto. Sorellanza che riesce a contagiare, e che ha portato tante associazioni e realtà del territorio ad dare vita insieme a noi al progetto POP WOK.
Sperimentiamo in queste settimane un controllo sociale soffocante. Siamo onsapevoli dell’importanza della responsabilità individuale, che riconosciamo come politica e che è la stessa che ci spinge a lottare tutti i giorni, sappiamo tuttavia che lo stato di emergenza è una condizione nella quale la sospensione delle libertà ha un inizio ma difficilmente una fine.
Non siamo disposte a chiudere gli occhi di fronte alle disuguaglianze che esplodono, agli abusi di potere, alle costrizioni ingiustificate delle libertà e dei diritti individuali, politici, di espressione e di azione.
E’ accanto alle/i migrant* che annegano in mare davanti ai nostri porti, dichiarati “non sicuri”, che riconosciamo la nostra Resistenza, a quell* sul territorio che chiedono il permesso di soggiorno per uscire dall’invisibilità; siamo accanto alle madri e alle mogli di chi è detenuto/a, nei reparti femminili delle carceri in rivolta, accanto alle recluse alle quali è da sempre destinato un trattamento ancor più inumano e degradante.
Dedichiamo questa giornata alle partigiane di oggi, a tutte quelle che non si sono arrese, che hanno scelto da che parte stare e che combattono un dominio militare, giudiziario e poliziesco feroce: a Eddi, compagna femminista e anticapitalista schierata al fianco della resistenza curda e condannata ingiustamente a due anni di sorveglianza speciale; a Nicoletta Dosio, da poco tornata a casa dal carcere delle Vallette, dove è stata richiusa a settant’anni, a causa della sua militanza NO TAV.
Mentre ricordiamo Orso, morto combattendo, come nostro compagno e partigiano, lottiamo al fianco di Eddi e Nicoletta, condannate entrambe per una presunta “pericolosità sociale”.
Non è la morte a definire le nostre azioni ma la vita. La vita di queste donne è l’esempio di quanto ancora la resistenza, la liberazione e la libertà non siano parole vuote ma una scelta di campo, un grido politico, una pratica collettiva costante
NON UNA DI MENO FIRENZE