Ci uniamo come donne e persone LGBT*QIA+ per pronunciarci, come abbiamo sempre fatto sulla salute e le cure di cui abbiamo bisogno.
Abbiamo criticato l’egemonia maschile, bianca ed eteronormata nella progettazione e sviluppo dei sistemi di salute nel mondo. I nostri corpi esistono e hanno bisogno di essere riconosciuti e curati. Ci vogliamo vive e sane.
Basta con l’androcentrismo medico dove tanto i sintomi come gli effetti dei farmaci sono considerati a partire dal corpo maschile.
Ci siamo mobilitat* per decenni per i nostri diritti sessuali e riproduttivi.
Per una salute sessuale integrale, per la libertà di decidere sui nostri propri corpi. Vogliamo l’aborto libero e legale in tutti i paesi, ora! Vogliamo la pillola abortiva RU486 nei consultori pubblici per evitare inutili ricoveri ospedalieri.
Non vogliamo più violenza ostetrica né ginecologica e, se decidiamo di partorire, deve essere con dignità.
Basta con la patologizzazione e la psichiatrizzazione delle persone trans.
Vogliamo l’educazione sessuale nelle scuole e il diritto all’accesso libero e gratuito alla contraccezione.
Le violenze colpiscono molto di più le donne e le persone LGBTQIA+.
Basta con la violenza sui nostri corpi: basta femminicidio e violenza di genere,
basta mutilazioni genitali imposte alle persone intersex alla nascita per definirne uno o l’altro genere binario, nonché le terapie di riconversione forzata.
Basta con la pratica della mutilazione, clitoridectomia e infibulazione in qualsiasi parte del mondo.
Siamo quell* che lavoriamo di più, che in molti casi facciamo doppio lavoro, quello remunerato e quello non remunerato.
Oltre ai lavori con salario più basso, sulle nostre spalle ricadono i lavori di cura che la società trascura e con cui si sostiene.
Questo si riflette anche nell’elevato carico mentale di “coordinamento delle attività”. L’impossibilità di fermarsi o di avere uno spazio di riposo, perpetrato a causa dei ruoli assegnati per “uomini” e “donne”, influisce anche sulla nostra salute fisica e mentale. Questi carichi di lavoro non remunerato si sono aggravati durante la pandemia e la quarantena.
Questo contesto evidenzia che in prima linea ci siamo le donne e i corpi femminizzati, le persone che hanno ruoli di cura in generale, e quelle che lavorano nel campo della salute, che oggi assumono compiti di primaria necessità. Siamo noi che realizziamo i lavori di cura e salute che oggi sostengono milioni di persone in un contesto di crisi sanitaria ed economica globale.
I nostri corpi devono essere curati e rispettati, un sistema sano riconosce che la cura è al centro sia delle persone che dell’ambiente, e la riconosce come un compito per tutte, tutti, tuttu.
In questa nuova commemorazione della Giornata Internazionale della Salute delle Donne esigiamo riconoscimento e dignità per le nostre vite, e inoltre riconosciamo e salutiamo i milioni di donne e persone LGBTQIA+ che oggi creano reti di cura e rifornimenti, di fronte all’assenza e alle priorità degli Stati, perché viviamo in una emergenza.
Noi continuiamo a raccogliere, organizzare e tessere le reti per la vita.