Pubblichiamo questo appello oggi, 20 novembre, giornata di sciopero di medicə, infermierə e professionistə sanitari in protesta contro la legge di Bilancio 2025, perché crediamo che un accesso alle cure e servizi sanitari per tutti e tutte debba necessariamente significare condizioni di lavoro degne per chi quei servizi li eroga. Siamo al fianco di lavoratori e lavoratrici in sciopero.
Pubblichiamo questo appello oggi, TDOR (Trans Day Of Remembrance), giornata di commemorazione delle vittime dell’odio e del pregiudizio verso le persone trans* perché difendere i consultori e la sanità di prossimità significa difendere la salute di tuttə, per permetterci di vivere felici e senza la paura di essere discriminatə anche quando abbiamo bisogno di cure.
La manovra finanziaria del governo Meloni proclama a gran voce di avere aumentato i finanziamenti alla sanità pubblica, ma i 136,5 Mld€ stanziati per il 2025 sono ben lontani dal garantire il fondamentale diritto delle persone e della collettività alla tutela della salute previsto dall’articolo 32 della Costituzione. In termini di percentuale di Pil, il Fondo Sanitario Nazionale scende dal 6,12% del 2024 al 6,05% nel 2025 e 2026 (per poi precipitare al 5,9% nel 2027, al 5,8% nel 2028 e al 5,7% nel 2029).
Non Una di Meno ha sempre posto al centro delle battaglie la difesa della sanità pubblica, denunciando come il Sistema Sanitario Nazionale venga eroso giorno dopo giorno, con servizi sempre più carenti e meno accessibili, rendendo l’accesso alle cure dei e delle pazienti ogni giorno più difficile – in molti casi impossibile da perseguire (secondo l’Istat 4,5 mln rinunciano a visite ed esami con 2,5 mln costrette da motivi economici)- mentre il personale sanitario è sempre più carico di lavoro, e con gli stipendi più bassi d’Europa.
Oltre al depotenziamento della sanità pubblica a favore di quella privata, assistiamo ai tagli a tutti i servizi di welfare, con la conseguenza che i compiti della riproduzione e della cura ricadono sui familiari, principalmente sulle donne, oppure su altre lavoratrici, per chi si può permettere di pagarle. In Italia, la mancanza di sostegno nell’accudimento dei figli e delle figlie, in particolare in presenza di minori con disabilità, o di altre persone della famiglia non autosufficienti, come gli anziani, porta 1 donna lavoratrice su 3 dal lavoro a tempo pieno al part-time, aumentando il gender pay gap con gli uomini che hanno pari ruolo e competenze. Queste donne, come quelle costrette a lasciare l’impiego, sono maggiormente a rischio di controllo da parte dei propri partner e di violenza economica, e la scarsità di risorse economiche può costituire un deterrente nel separarsi anche in situazioni violente.
Si depotenzia sanità e welfare pubblici da una parte, ma si sceglie di investire nella guerra dall’altra: i miliardi di euro che verranno destinati alla spesa militare (31,3mld di euro nella manovra 2025, + 12,4% rispetto al 2024) sono l’espressione della cultura patriarcale che trova il suo apice nella militarizzazione della società.
In questo quadro generale, i consultori pubblici rappresentano un esempio di spazio socio-sanitario da tutelare, che a causa della carenza di finanziamenti è stato invece progressivamente depotenziato: in molti casi chiusi, in altri svuotati di personale o integrati nei distretti sanitari o nelle case della salute, i consultori si sono trasformati da spazi di relazione femminista a semplici erogatori di servizi, identificati spesso come luoghi “per fare il pap-test” o per ottenere la certificazione IVG.
In Italia ci sono oggi 1.800 consultori, uno ogni 32.325 residenti, un numero molto al di sotto di quanto stabilito dalla legge n. 34/1996 e anche dal recente DM n. 77/2022 che prevedono 1 consultorio ogni 20.000 abitanti nelle zone urbane, e 1 ogni 10.000 nelle zone extraurbane, 1.800 sono quindi metà di quelli necessari per legge per servire tutta la popolazione. In Toscana al 31/12/2020 sono stati registrati 183 consultori familiari pubblici.
Nello spirito di una sanità pubblica, di prossimità e liberamente accessibile, tutte le prestazioni erogate dovrebbero essere gratuite e possono essere somministrate alle persone minorenni (anche senza la presenza dei genitori) e alle persone senza la cittadinanza italiana. Sin dalla fondazione dei consultori nel 1975, le prestazioni dovrebbero essere gratuite anche per gli stranieri e le straniere presenti sul territorio italiano, anche se temporaneamente. Purtroppo oggi molte prestazioni risultano a pagamento ticket, perché equiparate a prestazioni ambulatoriali e non consultoriali.
Oggi quasi la metà dei certificati necessari per l’ivg è rilasciata dai consultori, segno di come questi presidi sanitari rimangono, nonostante i bassi investimenti, un punto di riferimento per le donne e la comunità LGBTQIA+. Tuttavia anche la possibilità di certificazione per l’ivg è ora fortemente minata dalla recente approvazione dell’emendamento al Decreto Legge 19/2024 nell’ambito del PNRR, che prevede e rafforza l’accesso delle associazioni di antiabortisti nei consultori. Le Regioni, a cui spetta l’organizzazione dei servizi consultoriali, possono avvalersi del coinvolgimento di soggetti del terzo settore con “qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”.
Nascondendosi dietro la promessa di non voler toccare la legge sull’aborto, il governo Meloni ha aperto le porte dei consultori agli anti-scelta proprio utilizzando l’articolo 2 della Legge 194/1978 che prevede che i consultori debbano “contribuire a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza” e per questo possono “avvalersi della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita”. Da spazio gratuito, laico, aperto e accessibili a tuttə, nelle intenzioni del governo anche il consultorio diventa spazio di controllo dei nostri corpi e delle nostre vite.
Come nodi toscani del movimento transfemminista di Non Una di Meno, che dal 2017 si battono per il diritto alla salute sessuale e riproduttiva, vorremmo segnalare come l’accesso ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza nei consultori nella nostra regione si strutturi a macchia di leopardo, con presidi consultoriali e case della salute che già si sono dotati autonomamente di protocolli che permettono l’ivg a domicilio (come i consultori di Empoli e San Miniato, o l’ex ospedale civico di Carrara, ora casa della salute) e altri come i consultori di Pisa, Firenze, Lucca, Livorno e Pistoia dove il servizio non è previsto.
Per permettere un accesso rapido, senza stigma e senza giudizio al servizio di interruzione volontaria di gravidanza, con protocolli che quantomeno si avvicinino alle ultime linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che consiglia una progessiva demedicalizzazione dell’aborto farmacologico in favore di un accesso più rapido, chiediamo che la Regione Toscana definisca urgentemente i nuovi protocolli applicativi della RU486 emanati dal Ministero della salute nel 2020, al fine di consentire l’avvio delle procedure “at home” per l’aborto farmacologico nei consultori.
Rileviamo inoltre in modo unitario una grande mancanza di servizi, accoglienza e personale qualificato per le persone migranti, con disabilità e per la comunità LGBTQIA+, e crediamo che la Regione dovrebbe farsi carico di fornire una risposta multidisciplinare ai bisogni dellə utentə e quindi che supporto psicologico e psichiatrico, assistenza endocrinologica, assistenza nell’iter di riassegnazione e cambio anagrafico, e mediazione culturale debbano essere servizi implementati in tutti i consultori della regione, con gli adeguati finanziamenti.
Rileviamo una carenza strutturale dei medici andrologi, e la conseguente mancanza di riferimenti per i giovani adolescenti, che, qualora volessero rivolgersi al consultorio, troverebbero nella maggior parte dei casi solo ginecologhə.
La medicina del territorio dovrebbe rispondere ai bisogni e alle esigenze delle persone, tutte, per poi poter fornire percorsi e assistenza. Puntando in particolar modo su prevenzione e informazione per tutto quello che riguarda la sfera sessuale nelle varie fasi della vita.
Chiediamo a gran voce che quando si parla di salute si intenda la salute di tutt*: uomini, donne, e comunità LGBTQIA+, nessuno escluso. Se la salute non è per tutt*, non è salute pubblica.
Non Una di Meno Firenze, Non Una di Meno Livorno, Non Una di Meno Lucca, Non Una di Meno Massa Carrara, Non Una di Meno Mugello, Non Una di Meno Pisa, Non Una di Meno Pistoia, Non Una di Meno Prato, Non Una di Meno Siena.