La violenza non ha colore, la violenza la fanno gli uomini

🔥 Ieri ci siamo svegliate con la notizia che una giovane donna è stata aggredita la notte prima nella zona tra Scandicci e Torregalli, alle periferie di Firenze.

❤️Come femministe ci stringiamo con amore e rabbia a questa sorella che ha avuto la forza di parlare e denunciare la violenza subita.
❤️‍🔥Sorella non sei sola, sorella noi ti crediamo!
Da subito, come sciacalli, i principali quotidiani cittadini si sono lanciati in ipotetiche ricostruzioni dell’aggressione, colorite da analisi sociologiche improvvisate su presunti colpevoli, attaccando una volta chi è povero, poi chi non ha la pelle abbastanza bianca, chi non lavora, chi non ha una casa, chi è in situazione di disagio e emarginazione sociale e così via…
Chiunque sia il colpevole non è invocando più controllo e più polizia che si combatte la violenza maschile e di genere, la povertà e il disagio sociale.
🔥A chi si sta sfregando le mani per i prossimi provvedimenti securitari e repressivi ricordiamo che i nostri corpi non sono terreno di né conquista né di propaganda razzista e xenofoba.
📍La nostra sicurezza, per la strada come dentro casa, di notte come di giorno, è una città inclusiva e viva, fatta di servizi pubblici e spazi aperti.
📍La nostra sicurezza non è una telecamera o una panchina rossa in più ma il rifinanziamento strutturale di servizi sociali e dei centri antiviolenza.

📢La nostra sicurezza è il fare comunità contro un modello di città votato al profitto e al decoro.

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FORMAZIONE APERTA SUL LAVORO

ALTEA, Assemblea Lavoro Transfemminista e Anticapitalista, organizza una FORMAZIONE APERTA su sicurezza sui luoghi di lavoro, in particolare rispetto al tema di molestie e violenze per mercoledì 18 giugno, orario 19-21, presso la Biblioteca Femminista in via Fiesolana 2b.

La formazione sarà tenuta da Alessandra Rombolà, avvocata del lavoro; Laura Scalia, responsabile dipartimento SSL CGIL Firenze; Paola Sabatini, responsabile CUB Sanità di Firenze; Silvana Vacirca, Cobas Scuola Firenze.

Sarà un primo appuntamento per fare chiarezza su alcuni punti, a cui seguiranno altre formazioni nell’autunno.

Queste alcune delle questioni che affronteremo:

  • Documento di Valutazione del Rischio
  • Ruolo Rappresentante dei lavoratori (rls)
  • rischi generici e specifici – perché violenza/molestia/stalking non sono considerate rischi specifici
  • come funziona la Convenzione ILO 190 e altre convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e cosa comporta la loro ratifica da parte del nostro paese
  • la definizione legale di violenza/molestia/stalking – come funziona negli altri paesi europei (normative europee) –
  • come funzionano i CUG – a quali organi a cui ci si può rivolgere sui luoghi di lavoro in caso di violenze e molestie.
  • strumenti di prevenzione

La formazione è aperta a chiunque voglia partecipare. Al termine ci sarà un aperitivo popolare per finanziare le prossime iniziative.

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Nonunadimeno Firenze aderisce alla campagna SPLAI

Come assemblea di Firenze abbiamo aderito alla campagna SPLAI – “Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliana” – una campagna lanciata dal movimento BDS, in solidarietà alla lotta palestinese per libertà, giustizia e uguaglianza. La campagna SPLAI promuove la solidarietà attiva come strumento di contrasto alle gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali perpetrate da Israele a danno dei civili palestinesi.

Non c’è vita finché continua il genocidio a Gaza! O tuttɜ o nessunɜ saremo liberɜ!

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VOCI DALLA RESISTENZA DELLE DONNE

Dal 2020 abbiamo cominciato a raccogliere materiali sulle donne nella Resistenza italiana, portando con noi tutte quelle partigiane ricordate confusamente, o dimenticate: non solo staffette, infermiere, madri coraggio, ma anche combattenti attive della lotta armata, comandanti ribelli e indomite: vivono oggi in noi nelle parole, nelle pratiche e nella potenza emotiva che ci lega.

Da allora, ogni 25 aprile abbiamo deciso di riannodare la nostra memoria con l’esperienza delle donne che furono elemento centrale per il movimento partigiano nella lotta contro il nazifascismo. In quella che fu a tutti gli effetti una guerra di popolo, le donne lottarono per riconquistare la libertà e la giustizia del nostro paese ricoprendo funzioni di primaria importanza.

In moltissime ruppero l’immaginario fascista che le voleva relegate al ruolo di mogli e angeli del focolare, scegliendo attivamente da che parte stare e portando in fondo quella scelta fino alle estreme conseguenze. La loro memoria è parte della nostra storia collettiva, è parte della nostra forza collettiva.

La Resistenza al Nazifascismo non è solo memoria del passato, è pratica quotidiana, è sorellanza e cura, è lotta per la Liberazione e l’autodeterminazione di tutt*.

Ai link qui sotto potete leggere le testimonianze delle partigiane, tratte da libri sull’argomento ma anche da una ricerca d’archivio, divise per tematiche.

 bianca

scelta

 difesa

 staffetta

corpo

zitte

Ascolta le testimonianze delle partigiane lette da Non una di meno Firenze. Utilizza questo link oppure il qrcode qui sotto.

   

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A Firenze è nata ALTEA!

A Firenze è nata ALTEA, Assemblea Lavoro Transfemminista e Anticapitalista, a cui partecipano Nonunadimeno Firenze, i sindacati di base CUB e COBAS Scuola, singole persone o attive in diversi collettivi del territorio.

ALTEA nasce in risposta dell’esigenza di parlare di sicurezza, di precariato, di sfruttamento, di reddito assumendo una prospettiva di genere, perché troppo spesso quando si parla di lavoro veniamo invisibilizzatə in un universale maschile che non tiene conto degli ostacoli specifici che il mondo dell’occupazione riserva principalmente alle persone socializzate come donne, alle persone queer e a tutte le identità marginalizzate.

Vogliamo parlare di sicurezza, di molestie e di violenza sui luoghi di lavoro e di come prevenirle. Vogliamo riscattare tutti quei lavori essenziali, sfruttati, precari e invisibilizzati, a partire dal lavoro di cura, da sempre delegato principalmente al genere femminile e per il quale sono oggi sempre più sfruttate anche le persone migranti.

QUALCHE DATO:

Il tasso di occupazione femminile è il più basso tra i ventisette paesi dell’Unione Europea e molto distante dalla maggior parte dei paesi. Anche il gap di genere del tasso di occupazione è quasi doppio rispetto alla media Ue (17,4 punti contro 9,1 punti.

Secondo l’ISTAT, le donne che possono contare su un lavoro standard (dipendente a tempo indeterminato o autonomo con dipendenti, part-time per scelta) sono poco più della metà delle occupate (53,9%), contro il 70% degli uomini. Più vulnerabili le lavoratrici giovani, quella residenti nel Sud, con bassa istruzione, migranti. Un’elevata quota di vulnerabilità si osserva nel settore alberghiero e della ristorazione (41,2%), caratterizzato da una forte presenza di giovani, e quello dei servizi alle famiglie (36,8%), ad alta concentrazione di donne e di lavoratrici straniere; inoltre negli altri servizi collettivi e personali (29,0%) e nell’istruzione (21,5%), anch’essi con una forte incidenza di occupazione femminile.

Il carico familiare rappresenta per molte madri un motivo di rinuncia all’attività lavorativa, soprattutto quando ci sono bambini in età prescolare: tra i 25 e i 34 anni, meno della metà delle madri risulta occupata [1].

2 donne su 3 hanno subito atteggiamenti sessisti e discriminatori sul posto di lavoro. Il 37% delle donne dopo le violenze sul lavoro ha sperimentato burnout, stress, ansia o depressione e in molti casi le vittime si vedono costrette a lasciare il lavoro (il 25% del campione intervistato ha dato le dimissioni e il 14% è stato licenziato dopo aver subito violenze sul lavoro) [2].

Circa il 34% delle persone omosessuali e bisessuali riporta di aver subito discriminazioni sul posto di lavoro, e 61,2% delle persone intervistate riferisce di evitare di fare riferimento alla propria vita privata e di tenere celato il proprio orientamento sessuale per evitare discriminazioni o molestie [3].

In un’indagine condotta dall’ISTAT su persone trans e non binarie, il 46,4% di rispondenti riporta di non aver partecipato a un colloquio o di non aver presentato domanda per un lavoro, pur avendone i requisiti, perché la propria identità di genere ne avrebbe condizionato negativamente l’esito. Inoltre, quasi 8 su 10 delle persone occupate hanno sperimentato insulti o molestie legate all’orientamento sessuale o all’identità di genere [4].

[1] https://www.istat.it/notizia/rapporto-cnel-istat/

[2] dati INAIL febbraio 2025, in “Andamento degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali”

[3] https://www.secondowelfare.it/primo-welfare/lavoro/orientamento-sessuale-1-persona-su-3-subisce-discriminazioni-sul-luogo-del-lavoro/#:~:text=18%20Settembre%202023-,Orientamento%20sessuale%3A%201%20persona%20su%203%20subisce%20discriminazioni%20sul%20luogo,discriminate%20nel%20mondo%20del%20lavoro.

[4] https://www.istat.it/comunicato-stampa/discriminazioni-lavorative-nei-confronti-delle-persone-lgbt-anno-2023/

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NO RIARMO

Non una di meno Firenze ha aderito al Coordinamento no riarmo, che ogni venerdì organizza un presidio in piazza Sant’Ambrogio, con materiali informativi e raccolte firme contro il riarmo in Italia e in Europa e contro la costruzione di una base NATO a Firenze.

Perché le guerre vengono costruite a tavolino.

Perché vogliamo che i miliardi spesi per il riarmo vengano utilizzati per la sanità, l’istruzione, le case, il welfare.

ALTRO CHE BASE NATO, DISARMIAMO IL PATRIARCATO!

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INTERVENTO PRIMO MAGGIO

1 MAGGIO 2025

Intervento in piazza dell’Isolotto

 A Firenze è nata ALTEA, l’assemblea lavoro transfemminista e anticapitalista, di cui fanno parte Nonunadimeno, sindacati di base come CUB e COBAS scuola, appartenenti a diversi collettivi fiorentini e singole persone.

Abbiamo sentito l’esigenza di parlare di sicurezza, di precariato, di sfruttamento, di reddito partendo da un’ottica di genere, perché troppo spesso le donne e le soggettività queer vengono invisibilizzate quando si parla di lavoro.

Questo primo maggio siamo in piazza per Claudia, che lavora nella sanità. Claudia è  andata a lavorare col braccio rotto, aveva un gesso che le limitava i movimenti. Ma Claudia è andata a lavorare col braccio rotto e col gesso perché si sta specializzando e ha diritto a 30 giorni di malattia in un anno. Perché tanto: non è che sei in miniera.

Siamo in piazza per Lucia, che lavora in un pub fino a tardi la sera,  e quando esce percorre le strade buie e deserte con le chiavi in tasca, e ogni sera vive la paura di un’aggressione. Ha chiesto di essere spostata ad un orario pomeridiano, ma non l’ha ottenuto. Perché tanto: sei grande, non crederai al lupo cattivo.

Siamo in piazza per Emanuela, che fa la contabile da cinque anni nella stessa azienda, e quando è rientrata dalla maternità le hanno detto che doveva spostarsi al centralino. Perché tanto: o fai la mamma o lavori.

Siamo in piazza per Silvia che lavorava a tempo determinato nell’industria. Le piaceva il suo lavoro, era brava, le avevano detto che la avrebbero assunta. Silvia ha scoperto di avere un tumore, e ha dovuto prendere giorni di malattia per curarsi. Al termine del contratto Silvia non è stata assunta. Perché tanto: non puoi lavorare, devi pensare a curarti.

Siamo in piazza per Giulia, che una sera mentre usciva dall’ufficio è stata aggredita e molestata dal suo capo, non è riuscita a reagire e non è riuscita a denunciare, ma è stata costretta a cambiare lavoro per non incontrare più il molestatore. Perché tanto: probabilmente l’hai provocato tu.

Siamo in piazza per Donatella, che fa l’operaia in fabbrica. Una sera mentre si faceva la doccia negli spogliatoi dopo il turno si è accorta che un collega la stava filmando. Ha denunciato alle risorse umane. Ma poi la questione non è andata avanti. Perché tanto: lui è un padre di famiglia, non è che lo vuoi rovinare?

Siamo in piazza per Sabrina, è un’ingegnera e cerca un lavoro in ufficio tecnico, ma ai colloqui le chiedono se ha figli o se vuole averne. E non la assumono. Perché tanto: appena vi assumiamo voi fate un figlio e poi vi mettete a casa per due anni.

Siamo in piazza per Carla, che lavora in un bar del centro. E tutte le sere deve difendersi dagli assalti sessuali dei clienti maschi. Nessuno sembra accorgersene. Perché tanto: se ti vesti in quel modo è una chiara richiesta di attenzione!

Siamo in piazza per Gabriela, che viene dalla Romania; ha lasciato a casa due bambini piccoli, e quando torna al suo paese quasi non la riconoscono. Fa la badante per una signora non autosufficiente e il figlio della donna più volte l’ha molestata, finché ha lasciato il lavoro. Perché tanto: non venite tutte in Italia per sposarvi e sistemarvi?

Siamo in piazza per Teresa, che fa la macchinista in un teatro. Ogni giorno deve sorbirsi le battute dei colleghi uomini sull’inadeguatezza del “sesso debole”. Lei un po’ risponde a tono, ma spesso sta zitta e non si lamenta con il suo superiore. Perché tanto: avete voluto un lavoro da uomini, potevate restare a casa a cucinare!

Siamo in piazza per Benedetta che si sta specializzando per fare la chirurga. Quando va in sala operatoria, per poter operare le viene chiesto dal suo primario qualcosa in cambio. Perché tanto: se sei donna le cose te le devi conquistare in un certo modo. 

Siamo in piazza per Gilda, che si ferma oltre le ore di lavoro per finire ciò che resta da fare e non percepisce una retribuzione adeguata. Perché tanto: devi fare la gavetta.

Le storie cambiano il mondo. Siamo voce. 

Siamo qui perché vogliamo rendere visibili e dare riconoscimento a tutti quei lavori essenziali, sfruttati, precari, non riconosciuti come tali, a partire dal lavoro di cura, da sempre delegato alle donne.

Vogliamo la libertà di poter lavorare come e dove si vuole, senza la paura delle molestie e della violenza. Vogliamo la libertà di poter fare il lavoro che ci piace. Vogliamo la libertà dal ricatto di precariato, licenziamenti, sfruttamento.​​

Le leggi sul lavoro stanno annullando i diritti di chi lavora. L’arroganza aziendale supera qualsiasi limite con la complicità del governo. Aziende che indisturbate licenziano, chiudono le unità produttive incuranti di provocare una macelleria sociale soprattutto sul corpo delle donne. Si! Perché la violenza economica padronale di una azienda che chiude é più ingiusta e devastante sul corpo delle donne sulle soggettività, in una società dove le diseguaglianze sono radicate.

Noi non ci stiamo, vogliamo rompere questo muro di gomma di un sistema economico patriarcale e violento.

Vogliamo tutto, lo vogliamo tuttə e lo vogliamo subito!

 

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ABORTO: VOGLIAMO TUTTO, E LO VOGLIAMO SUBITO

Una delle rivendicazioni al centro del nostro movimento è sempre stata quella dell’aborto libero, sicuro e garantito. In questo clima politico fascista e misogino, siamo sempre più preoccupat* che ci vengano negati i diritti di autodeterminazione sui nostri corpi che ci siamo conquistate pezzetto per pezzetto, a partire dal varo della 194 del 1978.

L’obiezione di coscienza e la presenza dei movimenti antiscelta rappresentano una minaccia costante anche qui in Regione Toscana. L’obiezione di coscienza viene, infatti, spesso utilizzata come ricatto o come gettone per fare carriera, a scapito della vita delle donne e persone non binarie che intendono abortire. Secondo l’ultimo rapporto del Ministero della Salute riferito al 2022,  la quota di ginecologi obiettori risulta pari al 60,5%. In Italia sarebbero 72 gli ospedali che hanno tra l’80 e il 100 per cento di obiettori di coscienza tra il personale sanitario. Il Molise rappresenta tuttora un caso emblematico con un unico medico non obiettore in tutta la regione per questo costretto a rimandare di anno in anno il suo pensionamento. Senza andare troppo lontano, nella nostra Toscana l’Ospedale di Careggi presenta il 63% di ginecologi obiettori, Borgo San Lorenzo il 70%, l’Ospedale Unico di Versilia il 77%. Anche se a Firenze di fatto è possibile abortire,ci troviamo spesso di fronte a episodi di ostruzionismo, vittimizzazione e giudizio.

La Legge 194 prevede, sì, la possibilità per i medici di ricorrere all’obiezione di coscienza ma, al contempo, pone anche  l’obbligo alle Strutture di garantire il servizio. E’ questo diritto alla continuità ed alla garanzia del servizio dell’IVG che non è invece diffusamente tutelato, permettendo così  ai medici di arrogarsi il diritto di decidere sulle nostre vite.  Un medico che vuole fare il ginecologo non dovrebbe permettersi di scegliere se fare IVG o no. Chiediamo di allontanare dalle carriere mediche ginecologiche e dai reparti di ginecologia gli obiettori di coscienza e rendere le carriere in ginecologia subordinate alla disponibilità ad effettuare ivg : non vogliamo più affidare i nostri corpi a persone che negano il diritto di scegliere sulle nostre vite!

Inoltre, i cosiddetti movimenti provita –  impropriamente così chiamati ma che noi chiamiamo antiscelta – grazie al decreto PNRR voluto dal governo Meloni, stanno provando in tutta Italia a creare delle stanze dell’ascolto per obbligare a non abortire. La Regione Toscana ha dichiarato che non entreranno nei nostri consultori. Noi vogliamo che questa non rimanga una semplice dichiarazione ma che sia un punto fermo delle politiche della Regione Toscana attraverso una legislazione ad hoc che garantisca lo sbarramento ai gruppi antiscelta nei consultori e ospedali.

Vogliamo anche che vengano superate le discriminazione per alcune categorie di donne e persone gestanti, ad esempio le donne straniere alle quali viene negato il servizio se prive di documenti o alle quali vengono richieste delle cifre esorbitanti per la prestazione sanitaria. Dobbiamo inoltre sottolineare che le donne cisgender non sono le uniche che possono aver bisogno di abortire. Per le persone transgender, non binarie e intersessuali con capacità gestazionali l’accesso al servizio può risultare ancora più difficile. Manca la formazione del personale sanitario a riguardo e si arriva spesso, paradossalmente, alla negazione del diritto alla interruzione della gravidanza per le persone trans con utero ma con una “M” sui documenti, per i quali l’accesso non è neanche previsto dai protocolli sanitari. Vogliamo che l’accesso ai servizi sociosanitari e il diritto alla salute e al welfare, anche sessuale e riproduttiva sia di carattere universalistico e incondizionato; vogliamo che questi servizi siano rispettosi dell’autodeterminazione delle differenti soggettività: includendo quindi, oltre le migranti, anche per le persone trans, non-eterosessuali (LGBTQIA+), disabili, donne in strutture limitative della libertà personale (incluso l’accesso alle cure ormonali alle persone transessuali) e sex workers.

Vogliamo rimettere i consultori al centro della salute sessuale e riproduttiva così come concepiti originariamente dalla Legge 405/75. La regione Toscana  negli ultimi anni ha sempre più privatizzato il servizio sanitario, ha completamente smantellato il capillare sistema consultoriale sul territorio toscano. I consultori sono diventati dei poliambulatori completamente inservibili per le esigenze di prevenzione in ambito ginecologico e di accesso all’IVG eliminando l’accesso diretto anche per consultori giovani,  ed introducendo tempi di attesa su diversi servizi di almeno 3 mesi. Vogliamo che la contraccezione venga riconosciuta come gratuita a livello universale, non circoscritta a determinate fasce di età e di reddito. Vogliamo risignificare i consultori come spazi politici, culturali e sociali oltre che come servizi socio-sanitari,vogliamo che diventino luoghi di scambio fra donne e soggettività non binarie dove poter discutere liberamente delle scelte che attraversano i nostri corpi, di consenso e di piacere!

L’8 marzo il corteo ha fatto una sosta in piazza Duomo di fronte alla Regione Toscana, che negli ultimi decenni ha smantellato il sistema capillare di consultori ginecologici messo in piedi dalla L.194, per portare le nostre rivendicazioni.

Negli ultimi anni –  nonostante l’iniziale ostruzionismo – è stata generalizzata l’introduzione dell’aborto farmacologico fino alla 9a settimana. Ma noi vogliamo di più. Le linee guida Speranza auspicavano la somministrazione delle pillole direttamente nel consultorio per renderlo maggiormente accessibile. Qui a Firenze ci sono due strutture che gestiscono l’IVG farmacologica ma il numero di accessi in alcuni casi, fra tutti i documenti e le analisi richiesti, sono persino 6.Le donne e soggettività gestanti possono ad esempio non volere, o non  essere in condizione di,  informare la propria famiglia della gravidanza in atto e della propria scelta di interromperla, oppure possono avere problemi  sui  luoghi di lavoro ad assentarsi per giorni per abortire!  Non vogliamo che debbano recarsi in struttura ben 6 volte come succede ora, vogliamo che sia ridotto a uno l’accesso per l’interruzione volontaria di gravidanza e che ci sia la possibilità di assumere la seconda pillola, il misoprostolo, a casa.

Vogliamo non poter metterci ore per arrivare in ospedale per ritirare la pillola abortiva, vogliamo poter andare direttamente al consultorio più vicino alle nostre case. Vogliamo che l’aborto sia gestito dalla persona che lo decide secondo (i propri termini) le propie esigenze e i propri desideri come atto di autodeterminazione sul proprio corpo.

Vogliamo poter scegliere se stare a casa o in ospedale, poter essere  accompagnate da un’amicə, una sorella o una compagnə. Perché tutto avviene sempre e solo sui nostri corpi e siamo solo noi a poter decidere!

Per questo abbiamo portato la nostra rivendicazione stampata in una lettera di posta prioritaria con su scritto “RU486, un solo accesso e, se voglio, seconda pillola a casa”. Le lettere sono state distribuite lungo il corteo dell’8 marzo e le abbiamo imbucate nella cassetta delle lettere della nostra “casetta”, appesa alle grate del palazzo della Regione Toscana in piazza Duomo, affinché IL CORPO È MIO E DECIDO IO non sia solo uno slogan ma una pratica quotidiana di lotta e autodeterminazione [vedi fotografie].

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25 APRILE 2025

Il 25 Aprile saremo ovunque!

❣️Mai come oggi, tra genocidio in Palestina, terza guerra mondiale alle porte e politiche sempre più reazionarie e patriarcali, è essenziale essere in ogni piazza, in ogni corteo, in ogni strada, perché la Resistenza al Nazifascismo è pratica quotidiana, è sorellanza e cura, è lotta per la Liberazione e l’autodeterminazione di tutt*.

💥Come Non Una di Meno Firenze quest’anno attraverseremo i tanti appuntamenti della città. Dal corteo da Piazza Poggi a Piazza Santo Spirito fino a quello che si snoderà per le vie di San Frediano.

🍉Non c’è liberazione transfemminista senza una Palestina libera da genocidio e colonialismo, non c’è antifascismo senza lotta e pratica transfemminista, oltre i rituali.
🌹Saremo presenti in Piazza Santo Spirito con i nostri materiali sulla memoria della Resistenza, portando con noi tutte quelle partigiane ricordate confusamente, o dimenticate: non solo staffette, infermiere, madri coraggio, ma anche combattenti attive della lotta armata, comandanti ribelli e indomite: vivono oggi in noi nelle parole, nelle pratiche e nella potenza emotiva che ci lega.
🌙Per noi transfemministə, mai come oggi la guerra esiste ancora e varia di volta in volta: è la violenza strutturale e di genere verso il nostro corpo e verso la nostra libertà di scelta, è l’economia di guerra e il Riarmo che ci affama, è la Riforma Valditara nelle scuole, è la molestia quotidiana e il gender gap a lavoro, è il continuo attacco alle vite delle persone trans e non binarie, è la violenza dei tribunali e dei confini, è il DDL Sicurezza che ci opprime e silenzia, è la violenza maschile che stupra e uccide.

✊Invitiamo tutt* a far esplodere la marea femminista e transfemminista nella giornata del 25 aprile!

Qui trovate il testo del nostro intervento in piazza e qui il video

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Lotto tutti i giorni. Due presidi contro la violenza dei tribunali

Vogliamo giustizia da vivə, non ergastoli da mortə

Lotto tutti i giorni perché la donna che denuncia la violenza diventa l’imputata, e diventa oggetto di doppia violenza -dell’uomo e del tribunale-. Una volta che la donna decide di denunciare intraprende il percorso difficile dell’essere creduta.

Per questo qualcuna evita, qualche altra “si pente” di avere denunciato e sperato nella giustizia per uscire da situazioni umilianti e violente. Nelle aule giudiziarie penali si deresponsabilizzano le azioni dei violenti e la donna viene interrogata sui suoi comportamenti, sulle proprie abitudini.

   

Lo scorso 8 marzo il governo – di estrema destra – ha approvato l’introduzione del reato di
femminicidio, con la conseguente pena dell’ergastolo. Sappiamo che le pene, di per sé,
non risolvono i problemi. Nel caso della violenza di genere, solo l’educazione al rispetto e
al consenso, tuttora assente (e osteggiata dal governo), può permettere di eradicare le
radici della violenza.
Sappiamo anche che se pure le pene esistono, ma la cultura patriarcale rimane invariata,
tale cultura continuerà a riflettersi nell’operato delle forza dell’ordine, dei servizi sociali, dei
media, dei tribunali. Per questo abbiamo organizzato due presidi, il 27 marzo e il 10 aprile, di fronte all’ingresso del Tribunale di Firenze per ribadire che:

● Chi denuncia la violenza non può diventare l’imputata. A essere sotto processo nei tribunali invece che l’uomo violento è spesso la donna che denuncia

● Sorella non sei sola: crediamo a chi denuncia

● I tribunali sono luoghi di vittimizzazione secondaria, e solo un’adeguata formazione formazione specifica per tutte le forze dell’ordine, per le/i legali, i/le CTU (consulente tecnico d’ufficio) e per la magistratura sui temi della violenza di genere e che sia progettata e realizzata in collaborazione con i Centri Antiviolenza

● Non è possibile che quando una madre si allontana da un uomo violento, si utilizzi la PAS (Sindrome di alienazione parentale) per attaccare la donna, costringendo le/i figlie/i a vedere il padre

● Vogliamo giustizia da vive, non ergastoli da morte

● Per fare un violento ci vuole un villaggio, e per smantellare la violenza servono percorsi di sensibilizzazione collettiva

Lotto è tutti i giorni. Non bastano leggi esemplari, col solo fine di propaganda. Serve cambiare tutto, e cambiarlo adesso 

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