COSA BOLLE IN PENTOLA? LA SOLIDARIETÀ’ TRANSFEMMINISTA! Storia di Pop Wok – mensa popolare femminista

COSA BOLLE IN PENTOLA? LA SOLIDARIETÀ’ TRANSFEMMINISTA!
Storia di Pop Wok – mensa popolare femminista

Quella di Pop Wok è una storia che siamo felici di poter raccontare. Come le storie migliori è nata per caso, a partire dal desiderio di alcune, le reti di altre, i bisogni di altre ancora.
Sono questi gli ingredienti che bollono in pentola: le relazioni, il desiderio, le reti politiche e affettive, la solidarietà femminista.
Eravamo nel pieno del lockdown quando il sogno di una mensa femminista da qualche tempo maturato da alcune compagne ha incontrato le operatrici della CAT – cooperativa sociale e dell’unità di strada Viavian Love. Sono state loro a riportarci un bisogno espresso da numerose donne trans, migranti (prevalentemente da Perù e Sud America) e sex workers conosciute con l’unità di strada. Nella situazione di pandemia globale non gli era possibile lavorare e così avevano bisogno urgente di cibo. Da qui l’idea: una volta a settimana, il lunedì, distribuire pacchi alimentari e un pasto caldo, in modo da unire il momento mutualistico a un momento di incontro e conoscenza reciproca, attraverso la condivisione del pasto.


Eravamo sicure di non riconoscerci in una forma di solidarietà caritatevole o assistenzialista. Piuttosto, ci affascinava l’idea di aprire uno spazio, nel quale da parte nostra mettere alcuni elementi – come il cibo – rimanendo in ascolto degli elementi che le altre donne avrebbero scelto di mettere.
Ci siamo subito trovate a fare rete: con la CAT, Zenzero biocatering, il circolo ARCI dei lavoratori di Porta al Prato, Corrente Alternata, Resistenze Fiorentine, Antidoto sonoro. Senza questa rete di esperienze, competenze, risorse materiali e desideri politici nulla sarebbe potuto nascere. Insieme abbiamo unito il tempo e le forze per progettare la mensa.
La prima spesa all’ingrosso, il primo pomeriggio a cucinare, i primi pacchi. Sperimentare nuove forme di agire politico e pensarci insieme.
Così ci siamo ritrovate alla prima distribuzione. A condividere i primi sguardi, i pacchi alimentari e gli scambi di battute. In spagnolo, in italiano, in qualunque lingua ci aiutasse a comunicare. Non è stato facile iniziare a farlo durante la pandemia, con la paura del contagio, il bisogno di tutelare tutte, la polizia pronta a multare e sanzionare. Abbiamo provato a farlo guardandoci oltre il bordo della mascherina.
Abbiamo capito subito che la questione del sex work, considerato un nodo dai movimenti femministi, la stavamo affrontando nell’unico modo che conosciamo: attraverso la relazione. Così il nostro agire politico è stato a sua volta un posizionamento. Scegliere di stare dalla parte di chi parla per sé, con la propria voce. Camminare accanto.


Non è stato scontato incontrarsi e trovare il modo di capirsi. Non lo è stato per le donne che usufruivano del pasto, che facevano fatica a capire chi fossimo, e perchè ci interessasse conoscerle – un’esperienza così diversa rispetto alle persone bianche e locali che sono abituate ad incontrare. E non è stato scontato per noi, come compagne femministe, imparare nuovi linguaggi per interagire. Il cibo, prima di tutto. Veicolo di cura e di scambio, occasione per sedere insieme intorno a una tavola immaginaria. E poi semplificare le parole, trovarne di nuove. Imparare a stare in silenzio, quando le altre parlano. Stare in ascolto, senza dover per forza dire niente. Il percorso è stato uno danza reciproca in cui conoscersi attraverso piccoli gesti: quali gusti, quali cibi preferiti, che quantità, quali passioni, quali tempi.
Diverse fotografe e giornaliste hanno seguito il progetto attraverso un lavoro di documentazione, facendo già memoria su quest’esperienza.
Col tempo il lockdown è finito e così il bisogno impellente di cibo: tante hanno ricominciato a lavorare. Eppure ci sembrava che il progetto non fosse esaurito: così abbiamo provato a trovare altre forme. Alle ragazze piace la pallavolo, e il primo lunedì utile abbiamo montato una rete e iniziato a giocare con squadre miste. Non tutte, delle 70 donne con cui abbiamo iniziato il percorso, sono rimaste. Per il lavoro, la mancanza di tempo, o il disinteresse, sono rimaste solo alcune – rimaste però chiaramente per la voglia di stare in relazione. Anche senza capire fino in fondo la ragione della nostra presenza, per tornare in quel “cerchio”, che timidamente ogni lunedì ha iniziato a formarsi. Sedute sull’erba, donne dalle storie diverse, dalla diversa provenienza, lavoro, esperienza, età, vissuto di genere. Sederci ad ascoltare i loro racconti, le parole con cui costruiscono il senso di se stesse, del lavoro, della quotidianità, del futuro.
Non abbiamo ancora trovato tutte le parole per raccontare fino in fondo questo percorso. Di sicuro però abbiamo maturato alcune certezze. La prima è che la verità sul sex work non esiste, ma esistono le vite incarnate delle persone, e la loro parola su di sé. La prima e l’ultima. Abbiamo capito poi che le dicotomie, il bianco o nero, non esistono mai e tantomeno sul lavoro sessuale. Ognuna/* ha la sua storia, legata a doppio filo al proprio posizionamento, alle diverse oppressioni e privilegi. Non esistono solo schiave o solo eroine liberate, ma le enormi sfumature che nascono dall’esperienza.
E poi siamo certe della nostra posizione: in ascolto, con una ciotola di riso in mano, pronte ad accogliere le storie di chi si siede nel cerchio.
Ci prendiamo una pausa estiva, per godere di un ritmo più lento e raccogliere i tanti pensieri, racconti, condivisioni. Ne facciamo uno zaino da rimettere sulle spalle a settembre, per riprendere con più voglia di prima, e ridisegnare i bordi di questo progetto: sempre più ampio, sempre più consapevole, sempre più condiviso. Ci rimane la voglia di un ipotetico spazio “più sicuro” che dal cibo articoli anche un luogo fisico nel quale poterci incontrare e passare il tempo insieme.
Liberazione e autodeterminazione ci sembrano parole sempre più dense. Come assemblea non abbiamo ancora fatto sedimentare del tutto il senso. Ma di sicuro, abbiamo lasciato che le relazioni con le donne ci spostassero. Ci sarà tempo per capire dove e in che forma. Per il momento godiamo della confusione e della sazietà che gli incontri reali generano. E di questo cerchio sempre più grande, nel quale sempre più numerose possiamo sederci una di fianco all’altra.

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2 risposte a COSA BOLLE IN PENTOLA? LA SOLIDARIETÀ’ TRANSFEMMINISTA! Storia di Pop Wok – mensa popolare femminista

  1. Non Una Di Meno-Firenze scrive:

    ciao, dove vorresti accedere?

  2. nnlymkephl scrive:

    Muchas gracias. ?Como puedo iniciar sesion?

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