Pop wok e pallavolo: amicizia e sorellanza

???? AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA! ????
#popwok
Compartir: mangiare insieme, conoscerci, accompagnarci, stare insieme.

Ieri POP WOK – mensa femminista si è di nuovo trasferita su un grande prato e non abbiamo solo cenato ma ci siamo divertite a stare insieme: incontrarci, allestire il campo di pallavolo, giocare, ci siamo sfidate fino all’ultimo punto ????

C’eravamo tutte/u: chi ha dato vita al progetto e tutte le donne* che abbiamo incontrato

Grazie ???? lo rifacciamo presto! Appuntamento a lunedi prossimo…

Cat Cooperativa Sociale
Circolo ARCI fra i Lavoratori di Porta al Prato
zenzero_biocatering
Corrente Alternata – Sguardi precari sul genere e il lavoro
@Vivian Love

O sarà femminista e solidale, o non sarà!

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Giornata Internazionale della Salute delle Donne.

Come femminist* transnazionali oggi articoliamo un discorso comune nella Giornata Internazionale della Salute delle Donne.

Ci uniamo come donne e persone LGBT*QIA+ per pronunciarci, come abbiamo sempre fatto sulla salute e le cure di cui abbiamo bisogno.

Abbiamo criticato l’egemonia maschile, bianca ed eteronormata nella progettazione e sviluppo dei sistemi di salute nel mondo. I nostri corpi esistono e hanno bisogno di essere riconosciuti e curati. Ci vogliamo vive e sane.

Basta con l’androcentrismo medico dove tanto i sintomi come gli effetti dei farmaci sono considerati a partire dal corpo maschile.

Ci siamo mobilitat* per decenni per i nostri diritti sessuali e riproduttivi.
Per una salute sessuale integrale, per la libertà di decidere sui nostri propri corpi. Vogliamo l’aborto libero e legale in tutti i paesi, ora! Vogliamo la pillola abortiva RU486 nei consultori pubblici per evitare inutili ricoveri ospedalieri.
Non vogliamo più violenza ostetrica né ginecologica e, se decidiamo di partorire, deve essere con dignità.
Basta con la patologizzazione e la psichiatrizzazione delle persone trans.
Vogliamo l’educazione sessuale nelle scuole e il diritto all’accesso libero e gratuito alla contraccezione.

Le violenze colpiscono molto di più le donne e le persone LGBTQIA+.
Basta con la violenza sui nostri corpi: basta femminicidio e violenza di genere,
basta mutilazioni genitali imposte alle persone intersex alla nascita per definirne uno o l’altro genere binario, nonché le terapie di riconversione forzata.
Basta con la pratica della mutilazione, clitoridectomia e infibulazione in qualsiasi parte del mondo.

Siamo quell* che lavoriamo di più, che in molti casi facciamo doppio lavoro, quello remunerato e quello non remunerato.
Oltre ai lavori con salario più basso, sulle nostre spalle ricadono i lavori di cura che la società trascura e con cui si sostiene.
Questo si riflette anche nell’elevato carico mentale di “coordinamento delle attività”. L’impossibilità di fermarsi o di avere uno spazio di riposo, perpetrato a causa dei ruoli assegnati per “uomini” e “donne”, influisce anche sulla nostra salute fisica e mentale. Questi carichi di lavoro non remunerato si sono aggravati durante la pandemia e la quarantena.
Questo contesto evidenzia che in prima linea ci siamo le donne e i corpi femminizzati, le persone che hanno ruoli di cura in generale, e quelle che lavorano nel campo della salute, che oggi assumono compiti di primaria necessità. Siamo noi che realizziamo i lavori di cura e salute che oggi sostengono milioni di persone in un contesto di crisi sanitaria ed economica globale.

I nostri corpi devono essere curati e rispettati, un sistema sano riconosce che la cura è al centro sia delle persone che dell’ambiente, e la riconosce come un compito per tutte, tutti, tuttu.

In questa nuova commemorazione della Giornata Internazionale della Salute delle Donne esigiamo riconoscimento e dignità per le nostre vite, e inoltre riconosciamo e salutiamo i milioni di donne e persone LGBTQIA+ che oggi creano reti di cura e rifornimenti, di fronte all’assenza e alle priorità degli Stati, perché viviamo in una emergenza.

Noi continuiamo a raccogliere, organizzare e tessere le reti per la vita.

#giornatainternazionaledellasalutedelledonne

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POP WOK la mensa femminista

COSA BOLLE IN PENTOLA? E’ PRONTA LA MENSA POPOLARE FEMMINISTA!

Abbiamo mischiato insieme un pizzico di solidarietà, molta sorellanza e molta cura, il desiderio di camminarci accanto in questo difficile periodo di emergenza sanitaria… da questi ingredienti nasce l’esperimento di POP WOK!

#Firenze ci rivolgiamo a tutte coloro che non hanno avuto la possibilità di accedere a forme di sussidio statale. Donne, persone trans, sex workers che vivono ancora più duramente gli effetti della crisi

Abbiamo fatto rete con associazioni del territorio e con l’unità di strada, così insieme saremo in grado di garantire almeno un pasto a settimana, ma progettiamo di aumentare in corso d’opera!

Volete contribuire a questo progetto? Sabato 25 e domenica 26 potete partecipare a Antidoto sonoro: tutto il ricavato del crowdfunding andrà a sostenere POP WOK!
https://www.facebook.com/events/234073747704985/

Contattateci per avere info o dare una mano!
Potete scrivere direttamente a questa pagina o a questi contatti:

Marghe 3314113727
Ale 3201658088
Alba 3280233504
Giada 3351787282

O sarà solidale e transfemminista, o non sarà!

Cat Cooperativa Sociale Arci Firenze Circolo ARCI fra i Lavoratori di Porta al Prato zenzero_biocatering Corrente Alternata – Sguardi precari sul genere e il lavoro

 

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#Abortononseisola… Una sorella ci racconta:

IVG ai tempi del Covid

Ho attraversato una esperienza che si può definire protetta, senza
grossi intoppi, di facile gestione organizzativa.

A marzo con un compagno che, pur nella sua leggerezza, avrebbe voluto
fortemente diventare padre accanto a me, con una casa di proprietà, dei
progetti lavorativi che mi appassionano.

Conosciuti da qualche mese e già parliamo di famiglia, della possibilità
di costruire insieme qualcosa.

Abbiamo iniziato a convivere alla vigilia del lockdown. Senza sapere
cosa ci aspettava.

Quando ho fatto il test, sapevo di essere incinta. Lo sentivo. Ho quasi
34 anni.
Avevo già abortito quando ero troppo piccola anche solo per pensarci, ad un figlio.
Quindi sapevo quale era l’iter: richiesta di analisi delle
urine, Asl di Santa Rosa, mascherine guanti e gel.
Data l’età, tutti quelli che ho incontrato si sono complimentati, dal personale sanitario agli amministrativi.
Quindi mi chiedono perché non voglio il libretto di gravidanza subito. Danno tutto per scontato.

Non volevo passare dal mio medico curante, non avrei sopportato la
sicura ramanzina sull’orologio biologico e sul fatto che avrei dovuto
sapere cosa fare. Non lo sapevo.

La zia del mio compagno è ginecologa. Sono andata da lei a farmi fare la prima ecografia, e mi ha spiegato diligentemente cosa avrei dovuto fare nel caso avessi deciso di tenerlo. Ma mi ha fatto anche la richiesta per l’interruzione di gravidanza.

Sono tornata a casa col magone. Grazie al Covid e alla quarantena la mia vita lavorativa era volata via, il contratto a progetto per
l’associazione per cui lavoravo non sarebbe stato prorogato, ilprogetto saltato, le altre prospettive lavorative rimandate al prossimo anno. La convivenza appena iniziata prima del lockdown mi pesava l’impossibilità di uscire e incontrare amici e affetti anche.

Ho fatto una gran fatica a parlare col mio compagno delle mie ragioni,
ho infittito le sedute dal terapeuta per arrivare ad una decisione
consapevole.

La volta precedente il mio ragazzo dell’epoca mi aveva abbandonata,
tornando nella sua città natale e sparendo, ed io avevo avuto, per
fortuna, l’importante supporto dei miei genitori, che mi avevano
accompagnata all’intervento.

Questa volta invece ho cercato sostegno e supporto per la mia
scelta,pur nella difficoltà di accettazione della cosa, perché lui
voleva fortemente essere padre.

Ho aspettato tanto, troppo per l’aborto farmacologico, perché volevo essere sicura della mia scelta. Ma anche questo non è stato visto di buon occhio. Quando sono arrivata al consultorio, nella sala d’attesa insieme a me c’erano tante donne. L’accesso diretto del servizio
sanitario regionale è una manna dal cielo, ma prendere il numerino,
aspettare ore e ore, ed essere una delle tante che chiede di abortire fa
assomigliare la procedura ad una cosa burocratica.
A prescindere dal lockdown l’atmosfera era la stessa.

Al Palagi le ostetriche sono molto cordiali e in una sorta di
sospensione di giudizio, cosa che invece non posso dire del medico che mi ha visitata. L’età. Giusto, “a quest’età se non vuoi un figlio lo
devi sapere, devi mettere la spirale, non puoi far capitare queste cose
così a cuor leggero”. Il mio aveva il peso specifico del piombo.

“Perché hai aspettato così tanto?”

Perché mi è crollato il mondo addosso, perché non saprei come
riorganizzare la mia vita con un bebè in pancia, perché conosco il mio
compagno da troppo poco e perché non posso nemmeno abbracciare le mie amiche o andare fuori ad allenarmi vi basta? Perché l’angoscia che ho da
quando so di essere incinta non mi fa respirare e non mi sento
tranquilla in questa nuova convivenza forzata? É abbastanza?

Non ho risposto. Quando sei lì nel mezzo ti senti solo mortificata.

Causa Covid mi hanno dato appuntamento a Empoli, in una clinica privata convenzionata. Mi ha accompagnato il mio compagno, ma non è potuto entrare perché i familiari in questo periodo devono rimanere fuori.
Appuntamento alle 8, in fila con le mascherine, ingresso verso le 9 e
30. Poi ti parcheggiano su un letto fino all’ora dell’intervento, le
11.30 circa. Nel frattempo prendi l’antibiotico e le capsule per la
dilatazione del collo dell’utero. A Empoli sono stati tutti molto
cordiali, è che dal punto di vista medico un aborto chirurgico è una
questione da niente, e così viene trattata rispetto ad altre operazioni
importanti.

Entro in sala operatoria, pareti di colori accesi, mi posiziono
sul lettino, il personale sanitario scherza intorno a me, parlano del più
e del meno, mi viene il dubbio che stia veramente facendo la cosa
giusta, ma non concludo il pensiero, perché senza avvisarmi mi hanno
attaccato l’anestetico all’ago cannula che ho sul polso per la
sedazione.

Mi sveglio accanto al lettino dove ho aspettato l’intervento, mi
spostano dalla barella al letto. Ricordo che la volta scorsa mi svegliai con un’ infermiera che mi schiaffeggiava chiamando il mio
nome, quindi non male.

Una cosa di cui forse si parla poco è il dopo. Razionalmente sai di aver
preso la decisione giusta, ma l’esperienza è traumatica, e il periodo successivo è una tempesta ormonale mista alla sgradevole sensazione di esser stata violata, non ascoltata, non supportata, sicuramente non compresa nelle tue ragioni anche se nessuno lo dice apertamente.

#campagnaabortononseisola

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Terza giornata di mensa #popwok

 

????Cucina e distribuzione di questa sera!

???? Terzo giorno di #POPWOK mensa femminista è cominciato. ????

Ringraziamo le operatrici della Cat Cooperativa Sociale dell’unitá di strada per questo percorso insieme 

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#Aborto non sei sola…una sorella ci racconta…

Condividiamo testimonianza di aborto in tempi di COVID, grazie per il tuo racconto .

Ho scoperto di essere incinta con un test stick delle urine a marzo. In seguito, forte di una decisone ben più faticosa di quanto pensassi, è partita la ricerca per scoprire quei passaggi che voi ben spiegate nelle vostre informative. Dalle mie ricerche l’unico consultorio che allora sembrava disponibile a farmi passare subito è stata la Casa della Salute delle Piagge, senza bisogno di appuntamento, nel consultorio giovani sotto i 24 anni (tutti i venerdì pomeriggio), e lì mi è stata certificata la gravidanza con un secondo test stick delle urine che io stessa ho dovuto fornire. Di quel giorno ricordo solo una difficoltà enorme dall’altra parte, nella gestione delle giovani donne, nella mancanza di risorse, nell’impossibilità di dare supporto reale, nella paura delle operatrici sanitarie. Mi sono trovata, per intenderci, a dover urlare che ero incinta e volevo abortire nel bel mezzo di un corridoio, se pur poco affollato, perché alle dottoresse ed infermiere erano state date tali disposizioni. Dopo la certificazione sono stata reindirizzata sul Centro Ospedaliero Piero Palagi e devo dire che da qui è stato tutto in discesa, molto rapido, completamente gratuito. Al consultorio del centro è possibile andare senza prenotazione (ma con già la certificazione di gravidanza fatta da un medico) tutti i martedì e giovedì dalle 7.30 alle 9.30. Il primo giorno mi è stata fatta un’ecografia e le analisi del sangue ed ho potuto scegliere fra l’interruzione farmacologica e chirurgica. Scegliendo la prima, in due dosi, ho assunto subito la prima dose e due giorni dopo la seconda. Poi, dopo 15 giorni, la visita di controllo. Non è una storia che lascia grandi spunti ma ciò che ho riscontrato più di tutto è stata un’assenza totale di supporto psicologico e di tempo per indagare situazioni complicate, a differenza della mia. Tante, troppe volte mi sono trovata a dirmi, ma se io non avessi avuto accanto un ragazzo e delle amiche che si sono prese cura di me? Se avessi dovuto farlo di nascosto e quindi non avessi potuto andare a casa ad aspettare l’aborto spontaneo indotto da farmaci? Se fossi stata poco sicura della mia scelta e avessi avuto bisogno di saperne di più? Io non lo so come stiano le cose fuori dalla pandemia, quindi non so se questa distanza, questo modo di passare da caso in caso rapidamente e senza troppe domande sia dettato da esigenze attuali o sia la prassi, ma se lo fosse, sarebbe una grave pecca nel reale sostegno e tutela delle donne e delle loro scelte. A me è andata bene, credo che moltissime donne però possano raccontarvi una realtà ben diversa. Io mi porto dietro solo una piccola cicatrice che brucia solo quando mi capita di guardare un bimbo piccolo intorno a me e rendermi conto che il sorriso che mi vien fuori non esprime più gioia e voglia di futuro, ma malinconia e una spruzzatina di illogico rimpianto. Vi voglio bene.

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Diffondiamo testimonianza ricevuta su esperienza di aborto.

Ho 28 anni.
Sono rimasta incinta l’8 Novembre del 2012, avevo 20 anni, non avevo un lavoro, non avevo una macchina, ero fidanzata da pochi mesi, non avevo nessuna “certezza”.
Quando apparsero le due linee sul test mi travolse un vortice di emozioni.
Il mio ragazzo di allora si arrabbiò moltissimo, mi ricordo perfettamente ancora le sue urla, i suoi pianti, la sua disperazione come se la sua vita si stesse sgretolando.
La causa ero io.
Affermazione sbagliata ma in quel momento non riuscì a pensarne altre, ero sola e non volevo causare del male a nessuno tanto meno alla persona che amavo.
Lo amavo più di quanto amassi me stessa.
Altra affermazione sbagliata ma che ho potuto comprendere solo l’anno scorso.
Non ho pensato alle conseguenze che potesse avere su di me l’affrontare un aborto, e lo affrontai al limite massimo dei 3 mesi, senza averne fatto parola con nessuno solo con il medico, passando quei mesi a nascondere la pancia con una fascia elastica, a guardare ecografie che in ospedale mi costrigevano a vedere, nessun medico mi chiese se avessi bisogno di parlare con qualcuno, se avessi bisogno di un supporto psicologico, nessuno mi spiegò le possibili conseguenze e l’importanza del parlarne.
Ho abortito chirurgicamente a Febbraio 2013.
Il Dolore più grande della mia vita.
Ho pianto.
Non volevo che nessuno mi toccasse.
Uscì dalla maternità con una corazza, con una maschera impenetrabile.
Per la mia mamma ero a dormire da un amica.
Ho dovuto passare una settimana con il “pannolone” ma nonostante tutto facevo come se non fosse mai successo niente.
L’unica cosa che è cambiata da quel giorno è che ho iniziato a dedicare la mia vita al mio ragazzo, non gli avrei causato più alcun dolore.
Ho passato 7 anni a far sì che io fossi quella perfetta e che la sua vita fosse perfetta.
Inconsciamente ero una pentola a pressione e l’anno scorso sono esplosa, senza particolare motivo, la mia armatura si è distrutta come una bolla di sapone.
Avrebbe voluto un figlio ma io no.
Lo odiavo perché nella mia testa non era giusto.
Ho lasciato quel ragazzo.
Ho scelto me.
Ho iniziato a raccontarlo alla mia famiglia, alle mie amiche, a provare a parlarne nella maniera più spontanea e sincera, senza vergogna e riconoscendo di aver bisogno di un aiuto professionale per elaborare un lutto, per far sì che il mio dolore non fosse più una ferita aperta ma che restasse una cicatrice dalla quale poter andare avanti.
L’aborto è un diritto di tutte noi, siamo padrone solo noi stesse del nostro corpo e non siamo obbligate, essendo donne, a desiderare di essere madri, o comunque abbiamo il diritto di non essere sempre pronte.
L’unica cosa che vorrei dire a chiunque stia pensando di abortire è di pensare al proprio bene, di mettere se stessa davanti a tutto, di informarsi, di parlarne, di non aver paura o vergogna a chiedere supporto e di prendere la decisione migliori per voi stesse.
Nessuna è sola.
Solo voi potete decidere del proprio corpo.

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???? … AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA! ???? Preparazione pacchi alimentari: ✔️ fatta!

???? … AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA! ????

Ora siamo pronte per la cucina e distribuzione di questa sera!

???? Il secondo giorno di POP WOK – mensa femminista è cominciato! ????

Ringraziamo le operatrici di Cat Cooperativa Sociale dell’unitá di strada Vivian Love per questo bellissimo percorso insieme!

Circolo ARCI fra i Lavoratori di Porta al Prato zenzero_biocatering Corrente Alternata

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ABORTO? NON SEI SOLA

          

ABORTO? NON SEI SOLA

 

 

Informazioni aggiornate su aborto in tempi di COVID e servizio di accompagnamento

In questo periodo di emergenza sanitaria, abortire è diventato sempre più complicato in tutta Italia e anche a Firenze. La sorellanza è in questo momento ancora più importante, quindi abbiamo pensato di attivare due servizi per venire incontro alle nostre compagne che non hanno il desiderio in questo momento della loro vita di portare avanti una gravidanza:

  • un servizio di accompagnamento e supporto femminista per coloro che hanno bisogno di informazioni e non vogliono sentirsi sole nel giorno dell’interruzione di gravidanza. Il nostro approccio si basa sull’autoderminazione della donna e delle sue scelte, non siamo qui per dare consigli o guidare la donna ma solo per facilitare e sostenere le decisioni da lei prese autonomamente. Per info scrivi un messaggio alla nostra pagina FB.
  • segnalazioni IVG: se hai vissuto questa esperienza o se conosci qualcuna che ha dovuto abortire in questo periodo per favore mandaci una tua testimonianza tramite messaggio alla nostra pagina FB. Garantiremo privacy e Le segnalazioni sono importantissime per dare informazioni sempre aggiornate alle donne che si rivolgono a noi, oltre a poter denunciare pubblicamente le disfunzioni del sistema sanitario.

 Inoltre abbiamo ritenuto utile reperire informazioni aggiornate sui servizi e strutture sanitarie durante l’emergenza COVID:

 Come fare ad abortire a Firenze in tempi COVID?

Ecco qui i passi da fare:

 STEP 1: BISOGNA ATTESTARE LO STATO DI GRAVIDANZA.

Devi fare l’esame delle urine, cosiddetto “Test Di Gravidanza (Beta HCG Urine)”

Prima dell’emergenza sanitaria ci si poteva recare direttamente alle ASL ma in questo periodo alcune hanno modificato le loro procedure quindi ti consigliamo di prenotare.

(Ci risulta che al 28 aprile alla ASL di via chiusi ci si poteva recare senza appuntamento richiedendo l’esame delle urine, prendendo il numerino).

Soluzione low cost: chiama il CUP per prenotare l’appuntamento per l’esame 055.545454 (attivo la mattina), occorre procurarsi la fiala per le urine in farmacia o alla ASL, costo dell’esame: 7 euro)

Soluzione fast: puoi prenotare ai laboratori di analisi privati online https://www.cupsolidale.it/ il costo dell’esame è di circa 13 euro.

Oppure fai una ecografia presso tuo ginecolog* di fiducia

STEP 2: FARE IL CERTIFICATO MEDICO.

Il certificato medico ti servirà poi per prendere l’appuntamento per fare l’aborto.

Lo puoi fare:

Al consultorio più vicino a casa tua. Tutti i consultori sono normalmente funzionanti anche nel periodo COVID. Controlla gli orari e indirizzi qui: Orari consultori

oppure

al Palagi Viale Michelangiolo, 41 (mercoledì ore 12-13). Attenzione: se sono passati più di 49 giorni dall’ultima mestruazione, dovrai fare l’aborto chirurgico quindi meglio rivolgersi ai consultori: col certificato potrai andare a Careggi (altrimenti il Palagi ti manderà fino ad Empoli per fare il chirurgico).

 

STEP 3: PRENOTAZIONE ABORTO E VISITA

Puoi fare l’aborto farmacologico, entro 49 giorni dalla data dell’ultima  mestruazione

Se sono passati 49 giorni e entro 12 sett. + 5 giorni dall’ultima mestruazione, dovrai fare invece l’aborto chirurgico.

Per maggiori info su come avviene l’aborto e anche sulla contraccezione di emergenza consultare “Avere figli è una scelta: Avere figli è una scelta

e Tabelle aborto a confronto:Tabelle aborto a confronto

Sono due le strutture a cui rivolgerti per effettuare IVG:

1) Azienda ospedaliera universitaria di Careggi, DAY SURGERY – IVG

 Padiglione 7 Maternità e Ginecologia, piano terra,

Contatti: tel. 055 794 7729 dal lunedì al venerdì ore 11:00 – 13:00 (difficile è il contatto telefonico, consigliamo di andare direttamente). Ulteriori contatti 055 794 9914 – 794 6720 infermieri

Per ottenere informazioni su interruzione gravidanza recarsi dalle ore 10,30 per prendere il numero, aperture sportello alla stanza 35 dalle ore 11.00.

Accettazione libera per IVG il mercoledì e venerdì dalle ore 7 del mattino.

ATTENZIONE: abbiamo riscontrato che questo servizio è ancora attivo, nonostante che, secondo alcune segnalazioni, al Palagi dicono che a Careggi si occupano solo di pazienti COVID, non è vero: la maternità ha un percorso differenziato dal Covid.

Documenti da presentare:
Certificato medico, tessera sanitaria e, se in possesso, del tesserino STP (straniero temporaneamente presente). Non occorre presentare altri documenti identificativi. Nel caso in cui il tesserino STP sia scaduto o non valido, questo potrà essere rilasciato contestualmente presso l’Accettazione della Maternità (Pad. 7- piano terreno), o presso l’Accettazione Amministrativa Spedalità Stranieri (Pad. NIC 2., piano terreno).

Se si sceglie l’aborto chirurgico bisogna essere a digiuno per esami del sangue.

Ti verrà anche somministrato il tampone Covid (2 giorni x risultato) e svolta la visita con anestesista.

L’intervento viene programmato dopo la 7 ° settimana entro la 12° + 6 giorni.

Il ricovero viene svolto solo nella giornata dell’ intervento con uscita dalle ore 17,30.

Se si sceglie l’aborto farmacologico meglio avere già un’ecografia  che attesti che sei entro la 6° settimana + 6 giorni

Faranno il tampone Covid 2 giorni prima dell’IVG.

La somministrazione avviene in 3 volte, può succedere che siano necessarie anche 4/5.

15 giorni dopo l’ultima somministrazione viene svolta una visita per verificare l’esito IVG e il tuo stato di salute.

Se minorenne:

Le procedure sono uguali con in aggiunta dell’accompagnamento di *Entrambi* i genitori provvisti di documenti d’identità validi.

2) Ospedale PALAGI:

Viale Michelangiolo, 41, secondo piano

Contatti: 055 693 7249

Documenti da presentare:
documento di identità, certificato per aborto e analisi delle urine (se possibile,altrimenti le fanno direttamente lì), nei giorni di martedì e giovedì in orario 7:30-8:30 al secondo piano. Qui possono anche rilasciare il certificato medico di mercoledì ore 12-13.

Viene fissato anche l’appuntamento per il tampone due giorni prima dell’IVG, questo deve essere somministrato necessariamente prima dell’IVG.

Se sei entro 49 giorni dalla data dell’ultima  mestruazione, ti viene fissato appuntamento direttamente al Palagi per aborto farmacologico.

Se sono passati 49 giorni ed entro 12 sett. + 5 giorni dall’ultima mestruazione, faranno accettazione e prenotazione per aborto chirurgico presso una struttura convenzionata di Sovigliana- Vinci (Casa di Cura Leonardo) (tempi di attesa di circa 10 giorni).

Tutte queste informazioni sono riassunte in allegato Info Strutture  IVG_Covid: Info strutture IVG Covid

 

 

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1 Maggio Transfemminista Fronterizas

#PrimomaggioTransfemministafronterizas

NON TORNEREMO ALLA NORMALITÀ PERCHÉ LA NORMALITÀ ERA IL PROBLEMA

Per una società senza sfruttamento, senza sessismo, senza patriarcato

Per il Primo maggio noi transfemministe, lavoratrici precarie e atipiche, insegnanti, lavoratrici domestiche, della cura e disoccupate torniamo ad urlare ancora più forte la nostra rabbia e la nostra voglia di cambiamento.

La pandemia ha evidenziato le contraddizioni di una società capitalista e patriarcale e questo rende più urgente e necessaria la ribellione: oggi ancora di più c’è bisogno di Primo Maggio e di riappropriarsi non di una giornata di festa, ma di un giorno di lotta.

Sappiamo che pagheremo noi, donne e persone LGBTQI+, il prezzo più alto di questa crisi pandemica, come ogni volta che il welfare e il sistema sanitario collassano.

Nei magazzini logistici senza protezione, nelle case di cura e negli ospedali mettendo a rischio la nostra vita ogni giorno, a casa a barcamenarci tra il lavoro “smart” e quello domestico e di cura: siamo noi le lavoratrici informali, le migranti delle mense, delle pulizie, della cura degli anziani, le cassiere e le precarie, le lavoratrici dell’agricoltura che, dopo aver soddisfatto i bisogni primari della società durante la pandemia, verremo di nuovo mandate a casa.

Durante questa crisi pandemica, il carico del lavoro di cura è aumentato. La fase 2, ovvero la riapertura della maggioranza dei posti di lavoro ma non della scuola e delle strutture per l’infanzia, porrà di nuovo – soprattutto per le donne – il problema di dividersi tra lavoro di cura e lavoro salariato.

Ma soprattutto non vogliamo che il futuro assomigli a questo presente e ci rifiutiamo di ritornare alla “normalità”, la cui insostenibilità si rivela oggi, mentre affrontiamo la crisi pandemica che ha travolto tutto.

Infine, ricordiamo che il sessismo e’ presente e radicato nelle nostre vite, nei nostri luoghi di lavoro dove le donne sono soggette a discriminazioni e molestie, e nei nostri spazi, quelli di tutti giorni, delle nostre famiglie e dei nostri luoghi di militanza. Non possiamo ignorare l’episodio sessista che ha coinvolto una nostra compagna proprio all’interno di un sindacato, non possiamo fare a meno di ribadire che il nostro primo maggio non debba limitarsi ad includere proclami antissessisti ma radicarsi profondamente nelle pratiche dei nostri movimenti.

Mettiamo in pratica l’insegnamento femminista del partire da sé: è dalla nostra indignazione, frustrazione, paura e rabbia, dalla sofferenza psichica che questo momento genera, che ci muoveremo per lottare.

In questa giornata non siamo una voce isolata, ma un coro che si fa sempre più assordante. Per la prima volta a livello mondiale viene organizzato un Primo Maggio Femminista Transnazionale grazie al coordinamento di moltissimi collettivi e movimenti femministi, transfemministi e antipatriarcali di tutto il mondo. In tutta la giornata la rete sarà attraversata da eventi, iniziative, assemblee, flashmob.

Rivendichiamo la solidarietà femminista come strumento per cambiare il mondo. Nelle piazze, nelle case, nei luoghi di lavoro, ovunque!

LA RIVOLUZIONE SARÀ FEMMINISTA, O NON SARÀ!

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